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Nozze ad Amici, Vincenzo Durevole e Giovanna: "Dopo le nozze vogliamo molti figli"

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Alcune settimane fa, il ballerino di AmiciVincenzo Durevole ha annunciato di voler sposare Giovanna D'Anna. La coppia di ballerini di "Amici", ospiti di Barbara D'Urso, ha dato l'annuncio negli studi di "Pomeriggio Cinque". La notizia arriva a un anno di distanza dalla partecipazione dei futuri sposi al reality condotto da Maria De Filippi che ha visto pure Vincenzo salire sul gradino più alto del podio nella categoria danza.

E in un'intervistata dal settimanale "Nuovo", Giovanna ha spiegato: "La proposta ufficiale deve ancora arrivare! Ma l’ha detto davanti a milioni di persone e questo per me ha anche più valore. In ogni caso, il matrimonio non sarà prima del 2016. A settembre apriremo la nostra accademia di danza, quindi avremo un bel po’ da fare. Siamo ragazzi semplici, quindi non vogliamo una cerimonia troppo sfarzosa, ma sicuramente ci saranno molti invitati".

La notizia arriva a un anno di distanza dalla partecipazione al reality condotto da Maria De Filippi che ha visto Vincenzo salire sul gradino più alto del podio di danza


Tutto Springsteen parola per parola

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«Quando ero più giovane ho sciolto un sacco di band, perché mi mettevo a suonare robaccia col gruppo di turno e all'improvviso, in mezzo al casino, mi fermavo e dicevo: “ma che è 'sta schifezza”? Al mondo non serve l'ennesimo quartetto rock, e il mercato ha ancora meno bisogno di essere inondato da nuova spazzatura».

Così Bruce Springsteen si raccontava nel gennaio del '73, quand'era già veterano della scena del Jersey Shore, ma una promessa del rock (o del folk!?!) internazionale. Parlando del suo primo disco, Greetings From Asbury Park NJ dice: «Ho registrato un disco acustico con una sezione ritmica, che era un compromesso tra la casa discografica, tutti gli altri e me». Un Boss autentico, impegnato, coerente, in linea con i suoi miti (da Woody Guthrie a Elvis) è quello che emerge da A proposito di un sogno (Mondadori) raccolta delle più belle interviste che coprono la sua ormai ultraquarantennale carriera di rocker che canta la strada e l'american dream... Ci sono anche aneddoti curiosi, tipo quando disse alla madre di aver conquistato un contratto discografico e lei gli rispose: «Allora cambierai nome... Come ti farai chiamare?». O quando disse al padre che era sulla copertina del Time e questi rispose: «Beh, meglio te che l'ennesima foto del presidente».

Comunque tutto ruota attorno al rock e alla personalità del Boss. Ribelle? Controcorrente? Semplicemente un cantore sociale che parte dalle sue radici proletarie per un lungo racconto sull'America. «Prima di iniziare a scrivere canzoni che avessero a che fare con i problemi sociali, prendevo spunto da pezzi come It's My Life degli Animals. È una sorta di musica pop dotata di coscienza di classe, e ricordo che all'epoca mi sono detto: “È la mia vita!”. Mi parlava della mia stessa esperienza di esclusione. La politica dell'esclusione ha attraversato molta della mia scrittura. I miei personaggi non sono esattamente degli antieroi, e forse questo li rende un po' superati: vogliono essere inclusi e cercano di capire cosa li ostacola». Riscatto quindi, rivalsa e soprattutto voglia di cambiare le cose, restituire l'America agli americani attraverso le sue tradizioni ma senza perdere il senso dell'attualità, come ha fatto il Boss con la rabbia del recente Wrecking Ball.

«Non scrivo mai seguendo una particolare ideologia. Come scrittore, cerco modi di porre problemi morali sempre diversi a me stesso e poi al mio pubblico. È per questo che mi pagano, almeno a quanto ne so. Parte di quello che chiamiamo intrattenimento dovrebbe essere cibo per la mente. È questo che mi ha sempre interessato. Come viviamo nel mondo e come dovremmo viverci. Credo che la politica sia implicita. Non mi interessano la retorica o l'ideologia... Stranamente, puoi rintracciare questa storia perfino in Johnny B. Goode di Chuck Berry». Patriota, sì, ma che non è stato in Vietnam. «Mi sono fatto riformare. La guerra entrava nelle nostre case ogni sera. Il batterista dei Catiles era andato in guerra ed era morto. Ricordo uno dei più bravi cantanti del New Jersey, Walter Cichone, arruolatosi nei marines e disperso in combattimento. La gente era spaventata e tutti cercavano un modo per evitare di andare sotto le armi».

Born to Run, l'album che nel '75 l'ha consacrato nuovo vate del rock, per lui è solo un passaggio, l'anello di una catena della sua evoluzione personale. «Puoi evocare dentro di te il ventenne che cantava Growin' Up, il venticinquenne che canta Born to Run o il trentenne che cantava The River. In un certo strano modo, Born to Run era un disco spirituale, che parlava di valori. E poi Nebraska parlava del crollo di quei valori. Parlava di una crisi spirituale, in cui l'uomo si è perso. È come se non ci fosse più niente a tenerlo legato alla società. Volevo che i miei personaggi crescessero. Più invecchio e più scrivo di me, di quello che vedo succedere attorno a me e alla mia famiglia. È così che è venuto fuori Born In the Usa. Ma tutto è iniziato con Born to Run, ed è curioso pensare che lo consideravo l'album della mia nascita musicale».

I concerti di Springsteen sono sempre stati un rito, un momento di incontro che ha qualcosa di magico e che per lui rappresenta una «opportunità patologica». Nel 2012, nella conferenza stampa internazionale di Parigi, affermò: «Si potrebbe dire che tra te e i tuoi fan è in atto un dialogo che non cessa mai di rinnovarsi. È a questo che ho dedicato tutta la mia vita. Credo che la puoi vedere in tanti modi, ma il migliore è questo: sul palco ci siamo soltanto io e ogni singola persona del pubblico, e tutto avviene in quel preciso momento, non più tardi, non domani ma ADESSO. I nostri fan sono immersi in un mondo che siamo stati noi a creare, un mondo in cui la gente entra per non pensare ai propri problemi. Quando entrano nell'arena si sentono al sicuro, e con il proprio gesto rivelano speranze, sogni, paure, ciò che li ha feriti e ciò che gli ha dato gioia. È di questo che ho l'opportunità - e l'onore - di essere testimone ogni sera. E non la prendo certo sottogamba».

In un volume le più interessanti interviste di una carriera quarantennale. Fra sogni, aneddoti, riflessioni, modelli e politica

Arrivano al cinema i segreti di Scientology

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Diretto dal premio Oscar Alex Gibney e basato sul libro del vincitore del premio Pulitzer Lawrence Wright, "Going clear: Scientology e la prigione della fede"è un documentario che non può lasciare indifferenti perché, attraverso testimonianze, documenti e filmati d'archivio, mette a disposizione dello spettatore informazioni davvero inquietanti. Si ripercorrono le origini del controverso culto di Scientology e le vicende ambigue che ebbero per protagonista il suo fondatore, L. Ron Hubbard, per poi passare ad analizzare l'esponenziale aumento di popolarità che negli ultimi decenni ha portato l'organizzazione ad accumulare un patrimonio, per lo più immobiliare, di oltre tre miliardi di dollari. Nel corso del girato, da più voci, si evince che il reclutamento dei nuovi adepti avviene promettendo loro sedute terapeutiche e consulenze per la carriera. Alcuni dei membri arrivano a sottoscrivere contratti di fedeltà di un miliardo di anni e la loro vita è tenuta sotto controllo in maniera scrupolosa; qualora non sia conforme ai dettami imposti, le contromisure adottate sono oltremodo serie.

Ex scientologisti tra cui Marty Rathbun, che divenne uno dei massimi dirigenti, Mike Rinder, che fu il portavoce ufficiale, l'attore Jason Beghe e il regista Paul Haggis, raccontano di aver subito trattamenti crudeli che li hanno convinti, dopo anni di militanza, a chiudere l'esperienza. Come molti altri nell'organizzazione, per accedere a livelli di conoscenza spirituale superiori, nel tempo spesero molto denaro e, una volta giunti ai vertici della struttura, furono resi partecipi di "verità" che alcuni di loro reputarono folli: una cosmogonia che definire fantascientifica è riduttivo e la rivelazione che il corpo degli esseri umani è infestato da piccole presenze aliene da estirpare continuamente. Concetti ben lontani da quella volontà di autoguarigione che sembrava aver ispirato la nascita del libro "Dianetics" con cui tutto ebbe inizio. Una cosa poi sono le sessioni di auditing in cui si cerca di purificarsi dai ricordi traumatici parlandone, un'altra le esperienze di manipolazione, sfruttamento e lavaggio del cervello che molte persone allontanatesi dal culto hanno dichiarato di aver sperimentato.

Oltre a fornire un ritratto di Hubbard, scrittore con turbe psichiche interessato da un lato a guarire e dall'altro ad accumulare denaro creando qualcosa che non fosse soggetto a tassazione, il documentario approfondisce la figura del suo successore, David Miscavige. Quest'ultimo appare un uomo spietato: ha una forte componente manageriale che sembra fornire alla sua parte oscura, quella megalomane e paranoica, la lucidità necessaria a conservare il potere con ogni mezzo. E' sotto la sua leadership religiosa che il gruppo è uscito vittorioso dal pluridecennale scontro con l'agenzia delle entrate e che una star come Tom Cruise ha portato un contributo tanto determinante alla causa. Miscavige è visto come il reggente di un impero poderoso e apparentemente inarrestabile, alla cui grandiosa disponibilità di mezzi corrisponde altrettanto infinita e nascosta marcescenza.

Il documentario di Gibney ha un tono professionale e misurato ma non c'è dubbio che dalla sua visione Scientology esca condannata per l'assurdità dei suoi contenuti teorici e per l'essere fondata sulla brama di denaro. Al termine della proiezione si lascia la sala con l'impressione di aver conosciuto meglio la natura di un virus che ha attecchito in molte parti del mondo e per il quale forse il regista ritiene non ci sia altra cura che fare più informazione preventiva possibile.

"Going clear"è l'agghiacciante quanto avvincente documentario che sviscera origine, ascesa, ruolo delle celebrità e business miliardario del culto di Scientology

Fiorello, stoccata alla Rai: "Mi hanno fatto fuori, non andrò come ospite"

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Anche quest'anno per Fiorello non c'è spazio in Rai. Di fatto nei nuovi palinsesti non ci sarebbe spazio per lo showman. Così su Periscope, Fiorello si è sfogato: "Torna Panariello, con Paola Cortellesi, uno show per gli 80 anni di Baudo, uno per i 50 di Arbore... Vedi, poi mi chiedono quando torno in tv? Ma come faccio a tornare in tv? Non c'è posto...".

Poi l'affondo con una punta di veleno: "Meglio così - aggiunge - Così io faccio spettacoli dal vivo e mi diverto. Ovviamente mi chiameranno come ospite... ma io non andrò...". Insonma ormai tra Fiorello e la Rai è calato il gelo.

Anche quest'anno per Fiorello non c'è spazio in Rai. Di fatto nei nuovi palinsesti non ci sarebbe spazio per lo showman

Tv, lutto per Mara Venier: morta la madre malata di Alzheimer

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"Questa mattina è venuta a mancare una grande donna Elsa la mamma di Mara , riposa in pace , ci mancherai". Una brutta notizia è arrivata, in mattinata, ad una delle conduttrici più amate dagli italiani: Mara Venier ha perso, dopo una lunga malattia, la mamma Elsa, affetta da molti anni dall'Alzheimer. Un durissimo colpo che è stato reso noto dal marito della Venier, Nicola Carraro su Instagram.

Un durissimo colpo per la conduttrice. La notizia è stata resa nota dal marito della Venier, Nicola Carraro su Instagram

Laura Torrisi: foto hot su Instagram, prova costume superata

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Instagram, Ansa, LaPresse, Olycom
Laura Torrisi: foto hot su Instagram, prova costume superata 1
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Laura Torrisi pubblica le foto della sua vacanza con la figlia Martina: immagini hot, prova costume superata a pieni voti

Prova costume superata a pieni voti per Laura Torrisi. Appena tornata dagli Stati Uniti, dove è stata impegnata nelle riprese della nuova edizione del programma di Italia Uno "Mistero", che andrà in onda nella prossima stagione televisiva, Laura è tornata da sua figlia Martina: insieme si sono concesse qualche giornata al mare, e la mamma ha immortalato questi momenti in alcuni scatti pubblicati su Instagram. E senza ombra di dubbio è davvero in splendida forma: fisico asciutto ma con curve esplosive, carnagione ambrata segno di un'abbronzatura già perfetta, volto sereno e sempre bellissimo. Insomma, un'estate da ricordare, finora, per Laura: mamma premurosa, bellezza prorompente, sexy più che mai.

X Factor 9: Mara Maionchi, non in giuria ma da subito con XtraFactor

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Anche quest'anno l'attesa su "X Factor"è enorme. A dimostrarlo c'è la cadenza quotidiana con cui escono indiscrezioni e novità, spesso confermate ma altrettanto spesso smentite. L'ultimo caso è la notizia pubblicata da Chi, secondo cui Mara Maionchi avrebbe tenuto a battesimo l'inedito ruolo di "quinto giudice super partes", non previsto nelle versioni finora andate in onda del talent di Sky Uno. Oggi invece è la diretta interessata a parlare, e da parte sua giunge una smentita: condurrà ancora "XtraFactor" al termine delle puntate, ma non la vedremo sul bancone dei giudici nella trasmissione di prima serata. La discografica, parlando al sito di TV Sorrisi e Canzoni, ha dichiarato che "XtraFactor", «che mi consente una certa libertà d'espressione, lo scorso ha avuto risultati d'ascolto lusinghieri, quindi lo rifarò. Niente giuria di "X Factor", invece, dove ci saranno com'è noto Fedez, Skin, Mika ed Elio».

Una novità invece c'è: l'appuntamento con la trasmissione condotta dalla Maionchi non partirà dopo i live show, quindi alla quinta settimana, ma già dalla prima puntata, con le audizioni. «Andrò a partecipare ai casting, alle home visit - dice Mara - incontrerò alcuni concorrenti e dirò la mia se per esempio qualcuno viene scartato a mio avviso ingiustamente dai giudici. Ci sarà un'interazione con i ragazzi e miei commenti verranno montati con il resto della trasmissione». Insomma, quest'anno X Factor parte subito a mille, grazie anche a Mara Maionchi.

Mara Maionchi rivela al sito di TV Sorrisi e Canzoni che non sarà quinto giudice super partes di X Factor, ma avrà più spazio con XtraFactor

Belen Rodriguez e la guerra fredda con Mariana Rodriguez

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Qualche tempo fa si era parlato di qualche dissidio tra Belen Rodriguez per la connazionale Mariana, che ha preso parte a “Pechino Express”.

Ora, secondo quanto racconta Dagospia, la guerra fredda tra le due showgirl sarebbe ripartita. E così ecco il retroscena svelato dal sito di Roberto D'Agostino: "A Milano – scrive Dagospia - è lotta intestina tra due Rodriguez: Belen e Mariana. “Belin” pare che proprio non digerisca l’irresistibile ascesa della sua bombastica omonima. Inoltre Mariana è seguita da Paola Benegas, ex agente e migliore amica di Belen…”

La guerra fredda tra le due showgirl sarebbe ripartita. E così ecco il retroscena


Kim Kardashian e la mania per i selfie in bikini

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La regina dei selfie per eccellenza pare voler fare un passo indietro nei confronti delle foto in bikini, apparse in numero copioso e abbondante sul suo profilo Instagram. Kim Kardashian, reduce dalla pubblicazione di un libro con tutti gli autoscatti più amati e pronta per una seconda gravidanza, avrebbe confessato di aver un po' esagerato con le immagini in costume. Per fare pubblica ammenda avrebbe deciso di sfruttare la passerella del recente Cannes Lions International Festival of Creativity.

Nonostante non possieda una strategia specifica e una linea guida il suo profilo Instagram è tra i più seguiti, lei cura personalmente ogni passaggio rimanendo corente con le sue scelte. «Su Instagram sono fedele a me stessa. Alcuni forse penseranno che mi faccio troppi selfie in bikini, ma il mio profilo è esattamente come voglio che sia. Non ho nessuna strategia, non ho un team di persone che si occupa d Instagram. Non voglio criticare chi lo fa, ma trovo la cosa poco autentica. Insomma, si parla di fatti personali e si condividono foto private, perché affidarsi a qualcuno che lo faccia per te​».

Kim ci tiene a sottolineare che tutte le scelte arrivano dalla sua mente e dal suo cuore, non le preme pubblicizzare nessun marchio in particolare e ciò che posta segue le preferenze del momento. In particolare i selfie dove appare meno vestita, spesso pubblicati in favore del marito e cantante Kanye West. A conferma della scelta vincente i 37 milioni di seguaci che adorano il suo profilo, ma principalmente le sue curve sensuali e il trucco mai banale.

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Kim Kardashian si pentirebbe di aver condiviso troppe immagini del suo corpo in bikini, scatti pubblicati copiosamente in passato attraverso il suo profilo Instagram. Una scelta forse figlia del momento da parte della regina dei selfie e degli autoscatti

Instagram

Belen cancella il tatuaggio-gemello

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L'amore tra Belen e Stefano è indelebile, così come il tatuaggio gemello che hanno entrambi e che simboleggia la loro unione. Peccato che quel disegno sulla spalla sia parecchio invasivo e stia creando non pochi problemi professionali alla showgirl. Durante gli shooting e gli impegni sul set, la bella argentina è stata più volte costretta a coprire il tatuaggio, con ore spese in zona trucco e innumerevoli passate di cerone. Ma a giudicare dal colore sbiadito, pare che Belen sia passata a strumenti più incisivi e abbia deciso di rimuoverlo con il laser, anche se per cancellare il tutto serviranno ancora diverse sedute. Una cosa però è certa: il tatuaggio sarà anche scolorito, ma il loro amore continua ad essere più vivo che mai

L'amore tra Belen e Stefano è indelebile, così come il tatuaggio gemello che hanno entrambi e che simboleggia la loro unione. Peccato che quel disegno sulla spalla sia parecchio invasivo e stia creando non pochi problemi professionali alla showgirl. Durante gli shooting e gli impegni sul set, la bella argentina è stata più volte costretta a coprire il tatuaggio, con ore spese in zona trucco e innumerevoli passate di cerone. Ma a giudicare dal colore sbiadito, pare che Belen sia passata a strumenti più incisivi e abbia deciso di rimuoverlo con il laser, anche se per cancellare il tutto serviranno ancora diverse sedute. Una cosa però è certa: il tatuaggio sarà anche scolorito, ma il loro amore continua ad essere più vivo che mai - a cura di LaPresse



"Solo Bach salverà il mondo È un vero rivoluzionario"

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«Questa sera riporterò la mia mania bachiana di fronte al pubblico». Per Ramin Bahrami, musicista e pianista nato a Teheran nel 1976, fuggito in Italia all'età di dodici anni (il padre fu arrestato dagli ayatollah come «oppositore» e morì in carcere nel 1991), Bach è una religione. «Un'ossessione vitale». E questa sera la riproporrà con il suo concerto al Teatro Franco Parenti di Milano («la mia città d'adozione»), nella serata della Milanesiana che vede protagonisti anche il Nobel Wole Soyinka e Dacia Maraini.

Perché Bach?

«Ogni musica di Bach è un atto di civiltà da portare in questo mondo in miseria, a pezzi, in questa società di robot insignificanti. Fare musica è un atto di coraggio, specialmente quella di un signore vissuto trecento anni fa».

Chi è Bach?

«L'Aristotele e il Platone della musica occidentale, orientale, russa, africana... È atemporale e ageografico, andava bene trecento anni fa, va bene oggi, andrà bene fra mille anni. Siamo noi accecati dallo spread e da queste cazzate».

È così negativo?

«Tutto da buttare a mare. Però, come disse Beethoven, giocando sulla parola “Bach”, che in tedesco significa ruscello: “Si dovrebbe chiamare mare, non ruscello”».

Quindi è tutto da buttare a Bach?

«È la prova più certa dell'esistenza di qualcosa di superiore all'uomo. Questa sera suonerò la prima partita o Suite italiana, poi la quinta Suite francese e, infine, il Concerto italiano di Bach, il più bell'inno italiano. Più del Va' pensiero e di quello di Mameli».

Dopo l'estate uscirà anche un suo nuovo libro.

«Sì, è il terzo e lo pubblicherò con Bompiani. Il protagonista è Bach, che parla ai bambini, ai giovani, alle mamme, ai padri, a tutti noi».

E che cosa dice?

«Beh, si lamenta, è arrabbiato. Però ci guarda dalla sua altitudine... Sa, lei può togliere il sessanta per cento delle musiche scritte, ma se toglie Bach toglie la musica: è uno dei pilastri della bellezza mondiale. E la bellezza è di tutti, non esiste una musica d'élite».

Cioè tutti lo possono capire?

«Se una cosa estremamente bella non viene capita è colpa di chi la interpreta, o fa finta di capirla».

E quando l'interpretazione è giusta?

«Quando commuove».

Com'è nato l'amore per Bach?

«Avevo cinque anni e mezzo. Sentii un Lp meraviglioso, dorato e nero, di un grandissimo fenomeno della musica, Glenn Gould: eseguiva la toccata della Partita numero 6, uno dei testi più struggenti, languidi e arabeggianti di Bach, in maniera grandiosa».

Era ancora a Teheran?

«Sì, lo portò una cara amica di famiglia da Parigi. Io fui così toccato nell'intimo, che quasi persi conoscenza. Mi dissi: “Vai a casa e prova a fare quell'arpeggio”. E lì decisi che dovevo diventare un musicista e un comunicatore».

Ma la musica non era vietata?

«All'inizio era tutta vietata, anche quella classica. Ma in casa, e nella nostra testa, non potevano vietare niente... Comunque a un certo punto, nella loro mente malata gli ayatollah hanno deciso che Michael Jackson e Boy George fossero più pericolosi di Bach, Beethoven e Brahms».

Chissà perché.

«E chi lo sa. Io fra l'altro amo certe canzoni di Michael Jackson, adoro Elvis, Sinatra, ascolto Lady Gaga, Madonna, Liza Minnelli, Mina. Certe canzonette hanno una melodia bellissima: la melodia non è morta, lo sono i nostri cervelli».

Perché, come ha intitolato un suo libro, Bach le ha «salvato la vita»?

«Perché ti dà certezze: ti fa capire che cosa è giusto e sbagliato».

La sua opera preferita?

«Tutte e duemila. È un rivoluzionario».

Chi è un rivoluzionario nella musica?

«Uno che osa, va controcorrente, e smette di essere schiavo delle regole. Se oggi Bach facesse un esame di contrappunto o di fuga in un conservatorietto italiano o francese sarebbe bocciato. Come lo fu Verdi, all'esame di ammissione al Conservatorio di Milano, che oggi porta il suo nome».

Perché Bach piace anche ai giovani?

«Sono abituati alla musicaccia della disco, che però ha una base ritmica solida: forse per questo riescono a riconoscere la grande invenzione ritmica di Bach. Tant'è vero che ha ispirato molti jazzisti».

Suonerà anche a Umbria jazz, vero?

«Sì, il 12 luglio, con Danilo Rea, che per me è il più raffinato jazzista italiano. Il concerto si chiamerà “In Bach”, con un repertorio mai eseguito».

L'esibizione più emozionante?

«Alla Scala e a Berlino. E poi a Lagoscuro, a tremila metri sulle rocce. Il mio pianoforte fu trasportato da un elicottero. Ho suonato due Suite inglesi e due Suite francesi per quasi settanta minuti, di fronte a 400 persone arrivate a piedi, dalle cinque mattino».

Il grande pianista iraniano in concerto stasera a Milano: "Porto la mia ossessione di fronte al pubblico. È uno dei pilastri della bellezza mondiale, ed è per tutti"

Ci vuole «Il metodo» per cacciare le teste migliori

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Vuoi il dipendente perfetto, quello disposto a fare qualsiasi cosa per l'azienda? Allora trattalo come una cavia, sottoponilo a test serrati, come si fa con i topi in laboratorio. Soprattutto, agisci con metodo. E Il Metodo s'intitola infatti la pièce firmata dal giovane drammaturgo catalano Jordi Garcelan, un'opera tragica e surreale insieme che debutta questa sera al Napoli Teatro Festival Italia (ore 21,30, a Castel Sant'Elmo, replica domani sera,www.napoliteatrofestival.it) facendo calare il sipario della prestigiosa rassegna teatrale su un tema profondamente attuale: la ricerca - esasperante - del lavoro con non c'è.

Ne parliamo con Fiorella Rubino che sul palco partenopeo, dopo il successo dello scorso anno nei panni di Peggy Guggenheim, veste questa volta quelli di una manager: «Sono l'unica donna sulla scena - racconta - con Giorgio Pasotti, Gigio Alberti e Antonello Fassari ci muoviamo su un palco dalla scenografia asettica e claustrofobica. Come cavie da laboratorio, siamo sottoposti a prove di abilità e simulazioni di ogni tipo nella sala di un'azienda. Seguiamo ordini esterni, che ci vengono recapitati attraverso un tubo enorme collegato chissà dove. Il tempo passa, là fuori, ma noi siamo imprigionati dentro, a subire “il metodo”: solo uno di noi sarò il prescelto per la posizione di dirigente di una importante multinazionale. È una pièce moderna, che alterna i toni della commedia a quelli del thriller». Non mancano i colpi di scena, come da buona prassi del teatro antico, ma il tema messo in scena è di sconcertante attualità. Il metodo cui allude il titolo è infatti quello teorizzato dallo psicologo svedese Grönholm, una approccio realmente utilizzato in molto colloqui di selezione del personale. Il regista spagnolo si è molto documentato in materia, lasciandosi ispirare anche da una vicenda di cronaca nera: il ritrovamento, qualche anno fa, nei cesti di un grande supermercato di Madrid, degli appunti di un importante cacciatore di teste sui colloqui che supervisionava. Appunti, va da sé, di un cinismo inaudito, a tratti sconcertante. Sul palco la tensione vive sino alla fine, quando si scopre che tre dei quattro aspiranti alla posizione lavorativa sono in realtà degli infiltrati, ovvero degli psicologi del lavoro mandati dall'azienda per meglio osservare da vicino il candidato. Sarà proprio la finta manager impersonata da Fiorella Rubino a dimostrare che il prescelto è in realtà poco adatto al ruolo. «Credo che il merito del festival di Napoli sia quello di dare spazio alla drammaturgia contemporanea, aperta ai problemi reali della gente e pronta a sperimentare nuove formule narrative», spiega l'attrice che ha collezionato anche molte importanti interpretazioni shakespeariane. Dopo il debutto partenopeo, la pièce aprirà a Roma la stagione della Sala Umberto e sarà a Milano, sul palco del Manzoni, a fine maggio 2016.

Il film del weekend: "Ted 2"

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Torna sul grande schermo lo sboccato, trasgressivo e irresponsabile orsetto nato dalla mente di Seth MacFarlane, già creatore dei Griffin. "Ted 2" esce in quasi quattrocento sale, forte del successo avuto tre anni fa dal primo film, ed è certo che la parte di pubblico che allora apprezzò la verve dissacrante e politicamente scorretta del protagonista non rimarrà delusa perché sono molte le nuove oscenità che la attendono. Ted ha sposato la donna dei suoi sogni, la volgarotta cassiera Tami-Lynn (Jessica Barth). Dopo un anno di matrimonio, i due hanno problemi coniugali e decidono di risolverli adottando un bambino, ma non ci riescono: la loro domanda viene respinta perché per il Commonwealth del Massachusetts Ted non è una persona ma una proprietà. Come conseguenza di quanto emerso, l'orsetto perde il lavoro e vede annullato il proprio contratto di nozze. La sua vita è completamente stravolta, perciò decide di citare in giudizio lo Stato per far valere i suoi diritti. Ad aiutarlo, oltre al rimbombamico di sempre, John (Mark Wahlberg), ci sarà una giovane avvocatessa, Samantha L.Jackson, (Amanda Seyfried). Inutile interrogarsi su cosa si intenda oggi per comune senso del pudore e quando venga valicato il suo limite: pellicole come questa hanno un pubblico di affezionati che le apprezza proprio in virtù del fatto che tengono alta la bandiera del cattivo gusto prima ancora che dell'irriverenza.

Non c'è volontà di essere scomodi nella mancanza di decenza che va in scena, quanto di divertire in modo demenziale con cose talvolta disgustose. E' un umorismo molto elementare ma efficace, che si fonda su una carrellata di gag spregiudicate e di una certa inventiva il cui leitmotive sono sesso, droga e citazionismo cinefilo. Tra bong a forma di pene, campioni di sperma, un cammeo di Liam Neeson e un omaggio a Jurassic Park, si trascorrono un paio d'ore sopra le righe in un'atmosfera scurrile a livelli surreali. Stavolta, in quest'anarchia spregiudicata e strafottente, c'è spazio anche per un sottotesto sociale: ci si chiede cosa definisca una persona, si fa riferimento alle discriminazioni razziali e ai pregiudizi nei confronti degli omosessuali e Ted, in sostanza, in tribunale, rappresenta ogni minoranza in cerca del riconoscimento dei propri diritti civili. La coppia di rimbombamici funziona sempre di più, forte di un'alchimia fondata su cameratismo maschile e sfrontata immaturità. Autoironica la Hasbro che, nonostante figuri tra i produttori, si è prestata in qualche modo a impersonare il villain della storia, cui troviamo affiancata una vecchia conoscenza, Donny (Giovanni Ribisi), presenza a dire il vero un po' più forzata che nel primo episodio. L'annuale convention del Comic-Con di New York in cui è ambientata l'ultima parte, infine, con il suo pullulare di travestimenti e riferimenti pop, farà la gioia del pubblico nerd. Anche se ridurre la durata della pellicola di una ventina di minuti avrebbe giovato, "Ted 2" appare più riuscito rispetto al film originale e, probabilmente, i fan del divertimento triviale ne saranno estasiati.

Tra citazioni pop e un vastissimo assortimento di volgarità, l'orsetto si fa paladino dei diritti civili. Divertimento riservato agli estimatori del primo film

Antonella Mosetti: ​un fisico da urlo

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Twitter
Antonella Mosetti: ​un fisico da urlo 1
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Un fisico da "ragazzina", ma uno sguardo penetrante: "Quando lavoravo con Giletti a Rai Uno mi chiamava 'the body' (ndr. 'il corpo', soprannome di Elle Macpherson) e devo dire che mi difendo". E Antonella si difende così bene tanto da riempire il suo profilo Twitter di sue foto in bikini.

Un fisico da "ragazzina", ma uno sguardo penetrante: "Quando lavoravo con Giletti a Rai Uno mi chiamava 'the body' (ndr. 'il corpo', soprannome di Elle Macpherson) e devo dire che mi difendo". E Antonella si difende così bene tanto da riempire il suo profilo Twitter di sue foto in bikini.

La confessione della Mosetti: "Sto cercando un uomo che mi faccia scordare Aldo"

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Antonella Mosetti, a quarant'anni, torna single - la Sacra Rota ha annullato il suo matrimonio - e si confessa sulle colonne di Diva e Donna: "A 40 anni torno single. Ora voglio un uomo che mi faccia dimenticare Montano".

Un fisico da "ragazzina", ma uno sguardo penetrante: "Quando lavoravo con Giletti a Rai Uno mi chiamava 'the body' (ndr. 'il corpo', soprannome di Elle Macpherson) e devo dire che mi difendo". E Antonella si difende così bene tanto da riempire il suo profilo Twitter di sue foto in bikini.

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La showgirl a ruota libera sulle colonne di Diva e Donna: "Quando lavoravo con Giletti a Rai Uno mi chiamava 'the body' (ndr. 'il corpo', soprannome di Elle Macpherson) e devo dire che mi difendo"

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Rihanna e Instagram, tra moda, immagini sexy e vita privata

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Rihanna e Instagram, tra moda, immagini sexy e vita privata 1
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Rihanna e Instagram, un rapporto in passato travagliato che le è costato l'allontanamento, ma ora è attiva e presente più che mai condividendo scatti di ogni genere con i suoi estimatori. La bellissima cantante ama pubblicare immagini della sua vita pubblica, ma anche e principalmente momenti del suo privato

Rihannaè sicuramente una delle star che utilizza maggiormente Instagram, come vetrina personale per pubblicare immagini dei suoi live oppure dei servizi fotografici a cui prende parte. Ma è anche un modo diretto per dialogare con il suo vasto pubblico, coinvolgendolo nel suo privato con immagini personali e di vita vissuta. Che siano scatti con i parenti o la nipotina, oppure le vacanze o le serate con le amiche, Rihanna non fa segreto del suo essere. A volte pubblicando anche foto sexy e più sensuali, motivo per cui in passato era stata bannata dal social network. Dopo una lunga diatriba contro i gestori di Instagram ora la cantante è tornata in pianta stabile sulla piattaforma, raccogliendo un numero sempre più alto di sostenitori e ammiratori.

L'omelia è finita Santoro simbolo di una tv morta

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Michele Santoro, veterano della tivù di battaglia, non ha rinnovato il contratto con La7 di Urbano Cairo e il suo Servizio pubblico è stato azzerato. Fine della trasmissione che lo ha reso famoso e probabilmente anche ricco. Almeno glielo auguro. I lettori obietteranno che il conduttore non deve la propria popolarità all'ultimo programma, quello scaduto, ma a una lunga attività in video il cui inizio risale agli anni Ottanta. Vero. Ma è altrettanto vero che da sei lustri egli manda in onda sempre lo stesso format, la stessa zuppa, cui si è limitato di tanto in tanto a cambiare titolo. Così, solo per rinfrescarlo e dargli un tocco di modernità.

A parte due brevi pause, a Mediaset e al Parlamento europeo, egli ha ininterrottamente prestato la sua opera alla Rai. Solo negli ultimi tempi, dopo aver riscosso una congrua liquidazione dall'ex monopolio, si era messo in proprio trovando ospitalità a La7, dove peraltro fino a pochi mesi fa aveva ottenuto buoni ascolti, ma non più eccezionali come in passato. D'altronde, il successo non è eterno. Nella vita professionale di chiunque arriva un momento in cui si perdono colpi. Santoro, se paragonato ad altri colleghi (escludendo Bruno Vespa, praticamente immortale), è durato addirittura troppo.

C'è stato un periodo interminabile in cui ogni settimana si attendevano le sue performance con interesse: i giornalisti erano costretti a seguire le prediche santoriane, nonché gli interventi degli ospiti, che puntualmente provocavano polemiche e talvolta scandalo. Onore al merito. Se un conduttore tiene banco decenni e diventa un caso mediatico, è indiscutibile: significa che vale. Non abbiamo difficoltà a scriverlo. Non siamo di quelli che giudicano uomini e donne in relazione alle loro simpatie politiche, anche se ci danno sui nervi coloro che hanno negli occhi un solo colore, di norma il rosso.

Ora però occorre domandarsi perché Michele si sia spompato all'improvviso, quantomeno non riesca più a confezionare un prodotto appetibile e a stare sul mercato con piena soddisfazione dell'editore. Egli è convinto che la flessione del suo gradimento dipenda dal fatto che i palinsesti sono sovraffollati di talk show. Ma ho il sospetto che questa sia una concausa e neppure determinante. Il problema è che i temi politici, le beghe dei partiti e i discorsi dei tribuni hanno logorato gli italiani che da quasi mezzo secolo, con passione calante e noia crescente, ascoltano le stesse parole vuote, per di più pronunciate dai medesimi personaggi inclini a ripetersi, a litigare creando in studio un clima da rissa.

Tutto ciò che per un ventennio e oltre è piaciuto agli utenti tivù, assetati di sangue, adesso li mette in fuga, stanchi come sono di assistere a un teatrino tedioso, privo di guizzi e infarcito di luoghi comuni. I sermoni di Santoro, spesso contorti, hanno colmato la misura. Quando egli attacca con l'omelia, suppongo che i telespettatori si precipitino in cucina in cerca di una bibita o in toilette per alleggerirsi.

Guardare Servizio pubblico comportava un salto a ritroso verso il secolo scorso, quando le dispute politiche erano elettrizzanti e i cittadini si illudevano che il Palazzo, diversamente gestito, sarebbe stato in grado di fornire soluzioni e non spettacoli deprimenti di ruberie e affini.

Non c'è nulla sul piccolo schermo che stimoli qualcosa di meglio della rabbia. Perfino le rottamazioni - una forma di razzismo nei confronti dei vecchi - danno la nausea. Santoro è il simbolo della tivù morta, provoca un rigetto. O muta registro o sarà eliminato dalla pressa. Campare di rendita non si può più.

Santoro provoca un rigetto. O muta registro o sarà eliminato dalla pressa. Campare di rendita non si può più

Dan Bilzerian corre per la Casa Bianca? Gli Usa sconvolti per la pazza idea

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Proprio lui, il più improbabile. A correre per la Casa Bianca c'è anche Dan Bilzerian, il re di Instagram, famoso per le foto circondato da donne bellissime e poco vestito, spesso armate fino ai denti con fucili automatici e mitragliatori.

Sarà l'ennesima trovata pubblicitaria, sta di fatto che il divo dei social network ha cavalcato una voce nata sul web fino a creare un sito dedicato alla propria candidatura alla presidenza degli Stati Uniti, bilzerian16. Forte dei suoi oltre dieci milioni di follower su Instagram (la Clinton, basti pensare, ne ha 158.000), Bilzerian si presenta come "milionario, giocatore di poker, playboy e filantropo del sesso).

Non c'è dubbio che tutto si risolverà in una gigantesca operazione di marketing, ma se i follower su Instagram dovessero riflettersi nel numero di voti, la povera Hillary dovrà guardarsi le spalle...

Il playboy re di Instagram gioca su una voce diffusasi sul web e lancia la campagna #DanBilzerian16, per sfidare Hillary Clinton e Jeb Bush

Speciale: 

Cecilia Rodriguez: "Ora vi racconto qual è il mio sogno"

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Cecilia Rodriguez si confessa a TgCom24 e parla di tutto, soprattutto della sua relazione con Francesco Morante, l'ex tronista di Uomini e donne. Parte dall'esperienza dell'Isola e racconta: "Sono ingrassata, è successo solo a me... Però sono felice...È stata una esperienza di vita, ho imparato tante cose, ad esempio a vivere il presente e non il futuro o il passato".

E poi della sua relazione con Francesco Morante: "Siamo molto innamorati. Il matrimonio e i figli però possono attendere. È ancora troppo presto, ci piace fare i fidanzatini, anche se un figlio lo vorrei".

Infine il suo desiderio più grande: "lavoro per aprire un ristornate, è il mio sogno nel cassetto".

La showgirl di TgCom24: "Io e Francesco siamo molto innamorati. Il matrimonio e i figli però possono attendere"

Speciale: 

Asia Argento su Instagram tra presente e passato

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Fonte foto: 
Instagram
Asia Argento su Instagram tra presente e passato 1
Sezione: 

Asia Argento si racconta ai suoi fan su Instagram: tante le immagini che ripercorrono la sua quotidianità ma anche la sua storia personale, il suo passato

Asia Argento tra passato e presente sul su profilo Instagram, uno dei più interessanti tra gli artisti italiani sul social network: spunta anche una foto con papà Dario Argento e uno scatto di Helmut Newton.

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