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Vasco Rossi in concerto a Modena: i vigili in stato di agitazione

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"Il personale impiegato, tra polizia municipale e dipendenti del Comune, per l'organizzazione del concerto, tanto meno le rsu, sanno come e quanto verrà pagato per i servizi su questo straordinario evento"

Polizia municipale di Modena in stato di agitazione in vista del concerto di Vasco Rossi, in programma l'1 luglio al parco Ferrari. Ad annunciarlo è la Uil-Fpl, che lancia una sorta di ultimatum nei confronti dell'Amministrazione comunale. Diversi i problemi citati in un documento che annuncia il provvedimento e la cui responsabilità si imputa all'attuale comandante. Si parla, ad esempio, di una "non meglio precisata intrusione all'interno del comando di via Galilei e di un conseguente danneggiamento del sistema di videosorveglianza; non ci risulta ancora che la procura della Repubblica o chi abbia investigato su quei reati abbia individuato i responsabili di un così grave ed inquietante episodio".

Lo stato di agitazione è legato dalla Uil-Flp anche direttamente al Modena Park: "Il personale impiegato, tra polizia municipale e dipendenti del Comune, per l'organizzazione del concerto, tanto meno le rsu, sanno come e quanto verrà pagato per i servizi su questo straordinario evento".

Intanto fervono i preparativi per l'evento con protagonista Vasco. Saranno circa 500 i bagni chimici mobili, inclusi quelli attrezzati per disabili, che verranno installati nel centro di Modena e nell'area della stazione dei treni in occasione del concerto.

I servizi saranno noleggiati dal Comune, con una spesa di circa 48mila euro - che comprende il noleggio e la manutenzione - e si aggiungeranno fin dai primi giorni della settimana a quelli che gli organizzatori installeranno nell'area dello spettacolo al parco Ferrari sulla base delle prescrizioni stabilite dalla commissione di vigilanza.

Per la notte del concerto, inoltre, verrà ampliato l'orario di apertura dei servizi igienici pubblici di piazza 20 settembre, dei Giardini ducali e del Novisad, che rimarranno accessibili fino alle 3 della domenica.

I bagni chimici verranno posizionati in piazza Matteotti (complessivamente 50), in piazza Mazzini (26), in via Montecuccoli (200), in via Monte Kosica (50 all'altezza di via Galvani, 120 sul lato sud) e nell'area del Novisad (50 sul lato tribuna).


Giuliana De Sio, topless mozzafiato a 60 anni

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Giuliana De Sio ha deciso di concedersi qualche ora di realx in spiaggia. E i paparazzi sono in agguato

Giuliana De Sio ha deciso di concedersi qualche ora di realx in spiaggia. Come sempre preferisce prendere la tintarella in uno stabilimento balneare di Fregene. E una volta arrivata al mare mostra un fisico davvero impeccabile che mostra molto meno dei suoi sessant'anni. L'attrice partenopea è stata ftografata da lacuni paparazzi di Oggi proprio a due passi dalla casa che quasi ogni anno prende in affitto per trascorrere le vacanze. Un luogo del tutto familiare per l'attrice che ama da sempre questa spiaggia. Nelle foto "rubate" l'attrice si specchia prima di sdraiarsi e prova a rilassarsi sotto il sole cocente di questo giugno davvero torrido. E così sul lettino fa anche alcuni esercizi fisici che l'aiutano a stare in forma. Forse è questa sua passione per lo sport il segreto per una sorta di elisir di giovinezza che accompagna da sempre la De Sio. E queste foto al mare sono la dimostrazione del fatto che davvero per lei il tempo sembra essersi fermato. (Clicca qui per guardare le foto)

Federica Torti e Federico Balocco, divertimento a Forte dei Marmi

Lo spacco di Iggy Azalea ​è davvero provocante

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Olycom
Lo spacco di Iggy Azalea ​è davvero provocante 1
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La cantante, a Toronto per il MuchMusic Video Award, sfoggia un abito aderente. Lo spacco è davvero provocante e conquista tutti

Nicole Kidman fa 50 anni: "Io che amo il mio lavoro ma odio lo star system"

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Nicole Kidman compirà domani 50 anni: due matrimoni, quattro figli e l'amore verso il suo lavoro nonostante il disprezzo verso lo star system

Nicole Kidman compirà domani, 20 giugno, 50 anni. Ma la vita della bella attrice è caratterizzata per una particolarità: nonostante la sua popolarità e carriera lei ha sempre scelto di non apparire molto.

Non posta selfie su Instagram e non condivide molti pensieri sui suoi social, anche se ha iniziato a far parte del mondo dello spettacolo a soli 14 anni, quando nel 1983 ottennè il suo primo ruolo nel film Bush Christmas.

"Amo il mio lavoro, ma non amo il mondo che lo circonda: lo star system, la stampa, e la pressione sulla mia vita", ha dichiarato, distorcendo un po' lo stereotipo di attrice famosa.

Nicole Kidman è stata sposata due volte, la prima con Tom Cruise e poi con il cantante country Keith Urban. Ha avuto quattro figli, Isabella e Connor adottati con Cruise, Sunday Rose e Faith Margaret nata da una madre surrogata.

Proprio sul matrimonio con Tom Cruise non ha voluto proferire mai parola: "Il periodo che va dalla presentazione del film Moulin Rouge! al Festival di Cannes fino alla vittoria dell’Oscar per il film The Hours è stato un periodo molto strano della mia vita perché ci fu la totale collisione tra un successo professionale e un fallimento personale. Ora invece mi sento realizzata da un punto di vista personale, ed è la conquista più importante".

Ma la sua strada le è sempre stata chiara: "Sono stata fortunata: ho sempre saputo, fin da piccola, che sarei diventata un’attrice".

Emily Ratajkowski, sexy drink in barca

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Instagram, LaPresse
Emily Ratajkowski, sexy drink in barca 1
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Emily Ratajkowski si mostra super sexy: eccola immortalata mentre sorseggia un drink in barca

Emily Ratajkowski, in Italia per girare un film, si gode un drink in barca. Super sexy, si fa immortalare mentre ammira le bellezze del territorio nostrano.

Cristina Buccino hot, vacanze in bikini

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LaPresse, Instagram
Cristina Buccino hot, vacanze in bikini 1
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Una carrellata di immagini di Cristina Buccino, in questo periodo in vacanza a Formentera, tra scatti in bikini, relax e gite sulla moto ad acqua

Cristina Buccino si rilassa a Formentera. Ecco alcuni scatti che la soubrette ha pubblicato su Instagram, dove si mostra in bikini. Il tempo per lei non sembra trascorrere mai, è sempre in splendida forma. Al momento, è data come una papabile concorrente per il prossimo Grande Fratello Vip.

Jamiroquai, concerti rinviati: "Jay Kay deve essere operato"

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I Jamiroquai hanno rimandato a dicembre i live di Londra perché il cantante Jay Kay dovrà essere operato alla spina dorsale dopo l'intervento di qualche mese fa all'ernia del disco

Il cantante dei Jamiroquai Jay Kay, frontman della band, è costretto a fermarsi ancora una volta: dopo l'operazione all'ernia del disco si è dovuto sottoporre a una seconda operazione alla spina dorsale.

Sono così slittati, come annunciato via Facebook, i concerti di Londra previsti per la fine di giugno: "So che potrei mai dare il 125% dell'energia che ho bisogno di dare a voi, fantastico pubblico, per un super show".

Le date previste per il 23 e il 24 giugno sono posticipate a questo punto a dicembre. I live alla 02 Arena sono rimandati al 3 e 6 dicembre: "È con grande dispiacere che devo di nuovo deludere le persone, a causa dei continui problemi alla schiena. Non mi sono mai sentito così frustato da una situazione come mi sento adesso. Dopo due operazione sono lievemente più attivo - continuato - Sono orgoglioso e mi si spezza il cuore spostare questi live e chiedere pazienza al pubblico. voglio ringraziare tutti per i messaggi di supporto, non riesco a credere quanto siate carini. Un migliaia di grazie".


Naike Rivelli nuda con i cristalli

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Olycom, LaPresse, Instagram
Naike Rivelli nuda con i cristalli 1
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Nuovo scatto sexy per Naike Rivelli: su Instagram è completamente nuda mentre si rigenera con la cristalloterapia, ecco cos'ha scritto

Naike Rivelli mostra ai fan come fa la cristalloterapia. Prona e completamente nuda, la parte bassa del corpo coperta da cristalli disposti in linea retta. Lo scatto si trova su Instagram con la didascalia: "Rigenerando i Chakra Bassi. Cristallo-Terapia". I fan hanno inondato l'immagine di complimenti per il fisico mozzafiato della figlia d'arte.

Nina Moric prende il porto d'armi: "Ladri, vi aspetto dopo le 22"

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La showgirl croata pubblica un video in cui si trova in un poligono di tiro per imparare a sparare

Sempre a favore della legittima difesa e da poco tra le fila di CasaPound, Nina Moric ha deciso di prendere il porto d'armi.

La showgirl croata ha pubblicato un video su Facebook in cui si trova in un poligono di tiro intenta ad imparare a sparare. La Moric non guarda mai la telecamera ma per tutti i due minuti e mezzo di video è concentrata sul bersaglio. A commento del filmato, la modella scrive: "Vi aspetto dopo le 22 a casa". Il riferimento è alla nuova legge sulla legittima difesa, approvata lo scorso 4 maggio alla Camera, che prevede, oltre alla confermata necessità che ci sia proporzione tra difesa e offesa e l'attualità del pericolo, la possibilità di sparare in reazione a un'aggressione in casa, in negozio o in ufficio commessa di notte.

I commenti degli utenti

I commenti, circa un centinaio, sono dei più diversi. C'è chi sta dalla parte della Moric, nella convinzione che "con i tempi che corrono" sia necessario armarsi, e chi invece crede che ciò che sta facendo la showgirl sia sbagliato. Ovviamente, come sempre avviene quando un personaggio noto pubblica qualcosa sui social network, non mancano commenti sessisti e di cattivo gusto.

Miley Cyrus contro D&G e Gabbana risponde: "Sei un'ignorante"

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Botta e riposta sui social tra la cantante e gli stilisti, attaccati dopo aver fatto sfilare il fratello della star statunitense

Su Instagram è scoppiata una lite tra Miley Cyrus e gli stilisti di Dolce & Gabbana. Tutto a causa di una sfilata. Ma andiamo con ordine.

L'attacco di Milet Cyrus

Il fratello della cantante è stato scelto per sfilare sulla passerella di Milano con abiti D&G. La Cyrus ha allora pubblicato un post sui social mostrando tutto il suo orgoglio per Braison: "Non è mai stato un sogno di mio fratello essere un modello - scrive - è uno dei musicisti più talentuosi che le mie orecchie abbiamo avuto la fortuna di ascoltare, ma è un tratto caratteristico della famiglia Cyrus provare qualsiasi cosa almeno una volta e abbracciare opportunità che ti incoraggino a fare un passo fuori dalla tua comfort zone". Fin qui nulla di strano. Ma la star statunitense ci tiene a fare una precisazione. Eccola: ""D&G, sono fermamente in disaccordo con le tue politiche, ma appoggio lo sforzo dell'azienda di celebrare i giovani artisti e fornire una piattaforma in grado di far brillare la loro luce, cosicché tutti possano vederla".

La risposta di Stefano Gabbana

L'attacco della Cyrus, quasi sicuramente riferito al fatto che gli stilisti italiani abbiano deciso di vestire Melania Trump, non è sfuggito agli utenti e soprattutto ai diretti interessati che non fanno passare molto tempo prima di rispondere. Sempre attraverso i social, è Stefano Gabbana a prendere la parola: "Noi facciamo abiti - scrive - e se tu pensi di fare politica con un post sei semplicemente un'ignorante. Non abbiamo bisogno dei tuoi post e dei tuoi commenti. La prossima volta ignoraci per favore!". Il tutto accompagnato dall'hashtag #boycottdolcegabbana, oramai diventato il motto del brand per sbeffeggiare i suoi haters.

#Repost @mileycyrus Noi siamo italiani e della politica non ci interessiamo di quella Americana ancora meno !!! Noi facciamo abiti e se tu pensi di fare politica con un post sei semplicemente un'ignorante. Non abbiamo bisogno dei tuoi post e dei tuoi commenti. La prossima volta ignoraci x favore!! #boycottdolcegabbana We are Italian and we don't care about politics and mostly neither about the American one! We make dresses and if you think about doing politics with a post it's simply ignorant. We don't need your posts or comments so next time please ignore us!! #boycottdolcegabbana

Un post condiviso da stefanogabbana (@stefanogabbana) in data: 17 Giu 2017 alle ore 18:09 PDT

Radio Italia Live, Alessandra Amoroso cambia look: in nero sul palco

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La cantante, solitamente colorata, si è presentata davanti a migliaia di fan con un abito in pizzo nero

Abito nero, trasparenze e inserti di pizzo. Così Alessandra Amorosoè salita sul palco del concerto di Radio Italia.

In occasione del suo 35esimo compleanno, la radio milanese ha organizzato l'ormai consueto spettacolo in Piazza del Duomo. Tra i tanti artisti che si sono esibiti ai piedi della Madunina, anche Alessandra Amoroso che però ha sfoggiato un look diverso dal solito. La cantante pugliese ha infatti abituato i fan a vederla in abiti colorati e ricchi di paillettes. Questa volta l'ex alunna della scuola di Amici di Maria De Filippi ha puntato tutta sulla sensualità, esibendo un vestito nero, trasparente nella parte superiore e con inserti in pizzo.

La voce della Amoroso ha scaldato i migliaia di fan presenti in piazza ma a qualcuno non è sfuggito il nastrino bianco al polso della cantante. Gli organizzatori dell'evento e i presentatori della serata, Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, nei giorni precedenti al concerto avevano invitato gli spettatori a indossare una maglietta bianca in segno di pace e di simbolo contro il terrorismo. Se molti ragazzi in piazza hanno aderito, lo stesso non si può dire per gli artisti sul palco, compresa la Amoroso che però ha rimediato con il nastro legato al polso. Il gesto più forte quello di Samuel che, durante l'esibizione, ha scritto sulla camicia bianca indossata "La musica è più forte", l'hashtag scelto per il Radio Italia Live.

"Vi racconto Napoli capitale del teatro"

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Intervista a Ruggero Cappuccio, direttore del Napoli Teatro Festival che termina il 10 luglio: "155 spettacoli in tutta la città a prezzi democratici"

«Dieci anni di festival non si poteva che celebrarli coinvolgendo tutta la città. I risultati ci danno ragione». La parole sono di Ruggero Cappuccio, drammaturgo, nuovo direttore del Napoli Teatro Festival, la fortunata rassegna che ogni anno per oltre un mese ospita le migliori compagnie nazionali e internazionali. Oltre che nei contenuti, il decennale della kermesse che termina il 10 luglio è originale anche in un format che il neodirettore definisce democratico. «Quest’anno abbiamo un cartellone di 155 appuntamenti che coinvolgono i maggiori teatri, oltre che luoghi non convenzionali - dice Cappuccio - ebbene i biglietti sono passati da un prezzo di 34 euro a otto euro per tutti gli under 30, mentre i pensionati hanno l’accesso gratuito. Un modo per consentire ai giovani il diritto di assistere a molti spettacoli». Anche perchè il festival - che oltre alla prosa coinvolge anche danza, arti visive e letteratura - ha proposto decine di debutti in prima assoluta, come quello di Angelica Liddell (con “Genesi 6, 6-7”, terzo capitolo del suo lavoro sull’Infinito il 17 e 18 giugno al Teatro Politeama), di Dimitris Papaioannou (che presenta “The Great Tamer”, il 23 e 24 giugno), di Jan Fabre ( con “Belgian Rules”, in anteprima assoluta l’1 e 2 luglio, poi a Vienna, Roma, Siviglia, Amsterdam, Anversa).

Cappuccio, autore dello spettacolo «Shakespea Re di Napoli» che da anni attraversa i teatri di tutto il mondo, è ben conscio dell’unicità di un festival che ha come sede un palcoscenico a cielo aperto quale è Partenope.

«Generalmente i grandi festival internazionali si tengono in piccole città, come Avignone, Edimburgo o Spoleto. Il nostro è forse l’unico che va in scena in una megalopoli eppure riesce davvero a interagire con il territorio e la sua storia artistica, riuscendo anche a incantare i registi stranieri. La ragione? L’immenso patrimonio culturale di questa città, ma anche il fatto che è l’unica ad aver avuto, tra Ottocento e Novecento, grandissimi autori che erano al contempo impagabili attori: mi riferisco a Eduardo, a Scarpetta, a Viviani o a Petito».

Anche quest’anno il palinsesto abbraccia la città nei suoi grandi teatri ma anche nei palazzi storici, le dimore nobiliari.

«Abbiamo voluto concentrare le sedi istituzionali in un centro pulsante che abbraccia la Reggia di piazza Plebiscito, i teatri Politeama, San Carlo, Bellini. Tuttavia, anche stavolta abbiamo scelto location suggestive in centro come in periferia e anche nell’hinterland. Qualche esempio? Villa Pignatelli, Palazzo Cellamare, e lo stesso Palazzo Reale, mentre altre sedi in Campania sono la scalinata del Duomo di Amalfi, la periferia di San Giovanni a Teduccio (dove opera il collettivo del Nest), e gli stessi altri capoluoghi di regione suddivisi per temi: Salerno è stata associata al tema dell’acqua, Benevento a quello del fuoco, Caserta a quello dell’aria, Avellino a quello della terra».

Napoli terra di rappresentazione, ma anche laboratorio di idee. In questi giorni grandi registi come Peter Brook hanno tenuto interventi sul rapporto tra identità e grandi classici come Shakespeare.

«Già, Brook è rimasto sorpreso per le forti assonanze fonetiche e ritmiche tra lingua di Shakespeare e il napoletano in cui io stesso ho tradotto i sonetti. Tengo a dire che la formazione e il rapporto tra i grandi maestri e i nuovi talenti è uno degli aspetti su cui ho puntato maggiormente in questo mio mandato. Oltre a Brook, Eimuntas Nekrosius e Tomi Janežič, sono invitati a Napoli per condividere la loro arte con giovani artisti della regione; così come Bruno Leone, Maurizio Capone, Laura Curino, Elena Bucci, Enzo Marangelo, Andrea Renzi, Spiro Scimone e Francesco Sframeli avvieranno qui i loro laboratori con giovani allievi italiani e stranieri.

Anche quest’anno, tra i molteplici appuntamenti, non mancano progetti speciali legati all’arte (come la collaborazione con Mimmo Paladino) o alla musica, al cinema e alla letteratura. Non c’è il rischio di un’eccessiva dispersione di energie?

«No, perchè credo fortemente nell’abbattimento delle barriere tra le arti. Il teatro poi le racchiude tutte, dalla scrittura, alla scenografia, dalla musica alla danza. In ogni caso, i risultati ci danno ragione perchè il palinsesto ha 30 appuntamenti sold out e gli altri al 90 per cento. Segno di una grande sete di cultura che Napoli, con i suoi 30mila spettatori, è in grado di appagare».

"Razzista": scontro tra Simona Ventura e Gracia De Torres

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Simona Ventura, ospite di Carta Bianca ha parlato dei reality show e soprattutto della sua esperienza all'Isola dei Famosi

Simona Ventura, ospite di Carta Bianca ha parlato dei reality show e soprattutto della sua esperienza all'Isola dei Famosi come conduttrice ai tempi della Rai:"I reality esplodono in seconda serata e quell’anno ci fecero sfumare alle 23.30. Avevo subodorato che la Rai volesse chiudere l’Isola, ma non volevo che la scusa che avrebbero usato fossero i bassi ascolti, così ho preso e sono andata là. I reality sono un genere che funziona ancora in tutto il mondo. Adesso qualche politico di sinistra lo prenderei. Potrebbe fare una grande Isola, se la facessi ancora…", ha spiegato la Ventura. Ma le sue parole non sono state affatto gradite da Gracia De Torres, naufraga sull'Isola con Simona Ventura che ha parlato sui social di alcuni episodi accaduti in Honduras: "Dovresti averglielo spiegato un anno fa quando faceva la vera razzista. Essere stata una 'star delle televisione' non le da il diritto di trattare le persone come le pare. Tutto ci ritorna e poi ci lamentiamo. Fate cose che vi rendano orgogliosi e non quelle che poi ci si rivolgono contro. A volte è meglio aspettare che fare delle cose che non ti rendono migliore". Insomma a quanto pare tra le due lo scontro è ancora aperto.

La Marini risponde a Luiso: "Sei una mezza calza"

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Una didascalia "il Toro e la vacca" e poi la foto, lui, Pasquale Luiso, ex calciatore del Vicenza e lei, Valeria Marini. Ora la showgirl risponde

Una didascalia "il Toro e la vacca" e poi la foto, lui, Pasquale Luiso, ex calciatore del Vicenza e lei, Valeria Marini. Quella didascalia di certo ha lasciato qualche strascico di polemiche. I fan di Valeria l'hanno subito segnalata alla showgirl. Dopo qualche giorno di silenzio, la Marini, nonostante la frase fosse stata cancellata da Luiso, ha deciso di ripsondere per le rime e di mettere nel mirino proprio l'ex calciatore: "In merito alla battuta infelice e di basso livello scritta sotto una foto, scattata probabilmente a qualche manifestazione, ci tengo a precisare che non conosco questa persona", scrive la Marini. Poi la showgirl affonda il colpo e di fatto restiutisce la cortesia a Luiso: "È evidente dal suo comportamento che è una mezza calza, se deve rincorrere a una malignità per far parlare di se; mi meraviglio che alcuni media abbiano evidenziato questa cattiveria gratuita, a cui non rispondo perché non merita nessuna attenzione. Rispetto alle donne e meno spazio ai maleducati".


La narrativa «di pancia» della Avallone

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Nel suo nuovo romanzo ci sono solo uteri e donne in attesa. Che noia

Massimiliano Parente

Alla narrativa ombelicale del narratore medio che popola i mass media del piccolo demi-monde letterario italiano si affianca sempre più la lagnosa narrativa femminile uterocentrica. Un esempio per tutti: Silvia Avallone, con il suo ultimo romanzo Da dove la vita è perfetta (Rizzoli). Siamo di fronte a una schiera di personaggi da neorealismo spicciolo, a Bologna e nella periferia di Bologna, tutti tristi e sfigatissimi e intercambiabili, letto uno letti tutti. Tant'è che tra Adele, Manuel, Zeno e Dora e chi più ne ha più li stermini, non capite più chi è incinta e chi no, perché l'essere incinta è il fulcro di questa cineseria narrativa da centrotavola per puerpere annoiate. Il fattaccio sarebbe che Adele deve dare il figlio in adozione e non se ne vuole staccare, vai avanti pagine e pagine e sei sempre allo stesso punto a croce. A un certo punto c'è un lui che non ha sposato lei e pensa alla «donna meravigliosa che non aveva sposato, con una mano dentro le sue mutande e l'altra intenta a tirarsi fuori il seno, aveva partorito due bambini, se li era portati dentro la pancia».

Una volta nominata la pancia ci sono solo pance, pance gravide o appena sgravate, ovunque. Non ci si guarda mai negli occhi, si guarda subito la pancia. «Le aveva visto la pancia. La pancia. Prima di vederle la faccia, le scarpe, la giacca, dal fondo del portico elegante di via Farini le aveva visto quella prominenza enorme. Una pancia lampante, alta e rotonda, evidenziata dal vestito premaman aderente, cucito apposta per sbattertelo in faccia, che era incinta». Ogni riga è un parto, sempre lo stesso. Serena, che come personaggio è uguale a Adele, che è uguale a Manuel, che è uguale a Fabio, va a trovare quest'ultimo in prigione e lui le dice: «Porta quella pancia fuori di qui».

Dopo pagine e pagine siamo sempre lì: «Aveva avvertito l'utero cavo, le ovaie piene di sassi, contorcersi e contrarsi». Ma non aveva partorito a pagina 30 questa con l'utero cavo? (Ce ne sono di non cavi?). Forse è un'altra. Salto 50 pagine e leggo: «La voleva, la sua pancia» e no, è di nuovo Adele. Sarà rimasta incinta di nuovo? Macché, è ancora lì, in ospedale. Ne salto altre 50 e c'è un colpo di scena: «Anche se non poteva averla, la pancia, il bambino lo voleva. E allora contava. E piangeva».

Infine ho saltato ancora e ho deciso di mollare il libro su questa metafora, a suo modo sublime, che non sarebbe venuta neppure a Eugenio Scalfari se fosse rimasto incinto: «La guardava, prona sulla sua pancia come un osso di seppia portato dal mare».

Vasco spiegato da Vasco Il lato segreto e intimo delle canzoni che fanno la sua storia

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Paolo Giordano

Un Vasco così non si era mai letto. Proprio alla vigilia del suo concerto Modena Park del primo luglio, una sola serata per celebrare tutta la carriera, oggi esce per Mondadori XL, 40 anni di canzoni (con i miei commenti). Raccoglie i 176 testi che Vasco ha scritto nella sua obiettivamente inimitabile carriera. Non sono tantissimi ma sono unici perché Vasco ha la dote rara di riassumere stati d'animo generazionali in pochi versi, mescolando intuizioni fulminanti con scelte linguistiche forse inconsapevoli ma di originalità luminosa. E, soprattutto, Vasco è quello che canta, non parla di un personaggio di comodo, magari ritagliato su misura seguendo lo specchio dei tempi, ma è sempre autobiografico sia su disco che nei 780 concerti che ha tenuto finora.

E si capisce dalle note che ha scritto a margine di ciascun testo. Uno dopo l'altro. Perciò, oltre all'inedita «lectio» su Siamo solo noi trascritta dopo un incontro con i fan, nel ponderoso volume di oltre cinquecento pagine, e dopo la prefazione del suo «angelo custode» Tania Sachs responsabile della comunicazione, ci sono i suoi pensieri oggi, una autentica guida a capire il Vascopensiero. Ad esempio Albachiara, dal 1984 il pezzo conclusivo di ogni suo concerto: «Dalla finestra di casa mia, durante le lunghe e noiose ore di studio, vedevo una ragazzina scendere dalla corriera e... coi libri di scuola avviarsi verso casa». Oppure Vado al massimo del 1982: «Scherzavamo sui nostri amici che erano andati in vacanza in Messico, mentre noi due (Vasco e Floriano Fini - ndr) eravamo rimasti a Zocca. Io cantavo: Vado in Messico... e a un certo punto lui se ne esce con Vado al massimo. A quel punto mi fu tutto chiaro: Vado al massimo, vado a gonfie vele. Ero nella merda fino al collo e gli orizzonti tanto agognati erano ancora molto lontani». Sono gli anni in cui Vasco diventa davvero un paradigma. Del rock italiano. E di tutto ciò che allora ne conseguiva: eccessi, perdizione, provocazioni politiche con il cosiddetto sistema. Insomma, una Vita spericolata, brano contenuto in Bollicine del 1983: «Ho affrontato il tema che in quel periodo affliggeva tutti: la paura di una vita piatta, tranquilla, priva di emozioni. P.S.: quando parlavo di Roxy Bar, pensavo a un'altra vita».

Per capirci, in quella fase degli anni Ottanta Vasco è stato decisivo per sganciare la musica popolare dal manierismo dei cantautori (che peraltro sono stati il suo primo punto di ispirazione) e aiutarla a resistere all'invasione anglosassone con una cifra propria e riconoscibile. Più rock o più cantautorale, Vasco è sempre immediatamente riconoscibile non soltanto creando slogan come «Siamo solo noi» ma identificando una categoria di ascoltatori ben precisa che, in quel momento, non era rappresentata in classifica.

In poche parole, C'è chi dice no: «Un urlo per affermare la propria individualità - scrive Vasco - e non lasciarsi convincere da un sistema in cui vincono i più furbi. Erano gli anni Ottanta, gli anni degli yuppies, delle esagerazioni e dell'arroganza. A me non stava affatto bene!». Liberi, liberi, insomma. Ma Vasco è anche un clamoroso «aggregatore» di consensi disegnando profili di donna come pochi altri hanno saputo fare. «Sally l'ho scritta di getto, una mattina all'alba. Ero sulla barca di un amico, a Saint-Tropez. Ero andato in un locale pieno di gente, di vita, di donne bellissime. Mi ero innamorato di tutte... ma all'uscita ero di nuovo solo. Con quella eccitazione addosso, mi sfogai sulla chitarra mentre l'amante del mio amico se ne andava e il sole sorgeva (...). Era la sua segretaria, sarebbe diventata in seguito sua moglie. Sembrava il prototipo della donna sconfitta che però se la cava sempre con la sua intelligenza... A dire il vero stavo parlando di me».

E così, dopo la vampata degli Spari sopra e lo sbarco negli stadi, a metà anni Novanta Vasco Rossi è finalmente completo. Un rocker poetico e dilaniato, l'alfiere di uno «sturm und Vasco» rimasto inimitabile ma seguitissimo. E oggi, dopo aver ammesso che Vivere non è facile (da Vivere o niente del 2011) e di «essere innocente ma...» (da Sono innocente del 2014), può permettersi piccoli racconti intimisti (Come nelle favole, che ora va forte in radio) ma anche divagazioni impegnative che mescolano radici letterarie e linguistiche di inizio Novecento con visioni future: «In Manifesto futurista della nuova umanità racconto in un modo ironico la preoccupazione dell'uomo moderno che è solo, privato della sua grande illusione».

A dirla tutta, in XL c'è la filigrana di Vasco, il detonatore che decennio dopo decennio lo ha portato, oggi a 65 anni, a rimanere rock per impossibilità di essere altro.

I blockbuster non risollevano i conti di giugno

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Non c'è due senza tre. E vedremo se anche il quattro verrà da sè. Questo giugno su grande schermo, dal punto di vista degli incassi, ha, per ora, segnato solo segni rossi. Tre consecutivi, comprendendo anche quello dell'ultimo fine settimana, nei confronti dei dati 2016. E non è che mancassero i titoli, cosiddetti, blockbuster. La Mummia, Pirati dei Caraibi 5, Wonder Woman, facevano presagire risultati ben diversi da questo costante segno meno che accompagna ogni bilancio del weekend. E non parliamo di crisi economica o altro. Semplicemente, la gente non è più attratta, come prima, dai film usa e getta, poco pensati, pieni solo di effetti speciali (spesso pessimi), ma senza un minimo di logica nella trama. Non deve essere, per forza, una sceneggiatura da Oscar, ma neanche lo squallore di pellicole come La Mummia. È da un po' che la gallina non solo non fa più le uova d'oro, ma neanche quelle d'argento. Inutile, quindi, sorprendersi, conti alla mano. Per capirsi, tra le pellicole nuove uscite, quella che è andata meglio è stata Nerve, quarta con 355.206 euro (ma con la miglior media per sala), gettonata forse più per il parallelo (sbagliato) con il Blue Whale che non per la forza di un thriller giovanilistico che andava sfruttato meglio nei suoi interessanti contenuti. Una doppia verità, legal con un imbalsamato Keanu Reeves, è sesto (173.971 euro), mentre peggio ha fatto Tom Hanks (non l'ultimo arrivato) solo settimo con il convincente Aspettando il Re (111.358 euro). I bei film? Ottavo Lady Macbeth, 45.795 euro e nono Parigi può attendere, 42.955 euro. Fate partire i titoli di coda.

Totò comico Qualunquista ma non uomo qualunque...

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A Napoli si chiudono le celebrazioni del grande attore Che aveva idee vicine a quelle di Guglielmo Giannini

Chiude oggi, nella prestigiosa Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, il Convegno internazionale di studi Diagonale Totò. Perché «diagonale»? Lo spiega il Rettore, Lucio D'Alessandro, parlando del «più grande comico italiano del Novecento»: «La comicità genuina, con l'inesauribile creatività che la contraddistingue, comporta anche la coscienza dell'inautenticità dei modi espressivi usurati dal commercio sociale, e l'esigenza di trovare percorsi alternativi: diagonali nuove per reinterpretare la realtà che ci circonda». Totò, appunto, è l'attore «capace di scardinare l'andamento rettilineo di una scena e di un dialogo introducendo una deviazione dirompente». «Totò è il principe del nonsense e dell'equivoco, capace di indurre con apparente innocenza e noncuranza i suoi interlocutori in discussioni illusorie, imprigionandoli con la forza delle parole devianti in duelli verbali ai quali diventava pressoché impossibile sottrarsi: come si fa a rispondere a uno che ti vuole convincere che tua sorella di nascosto si mette la trombetta in bocca, solo perché fa di cognome Trombetta e suo marito si chiama Bocca?». La grandezza di Totò, ha spiegato Emma Giammatei, l'italianista della Suor Orsola anima del Convegno, sta nel fatto che «L'ardita sperimentazione linguistica, vicina ai risultati esilaranti e sulfurei di un Campanile, coesiste con il carattere popolare e non prestigioso della sua arte, grazie alla comunicazione di massa a lui consona, il cinema. In tal senso, Totò ha proceduto in direzione opposta a Eduardo o a Viviani, i quali tenevano molto al testo scritto, credevano nella Letteratura».

A ricordare il Principe della risata sono stati invitati, tra gli altri, studiosi multidisciplinari come Roberto Escobar, Paolo Isotta, Orio Caldiron, Alberto Anile, Augusto Sainati, Ennio Bispuri. Coordinatori sono stati Emma Giammattei, Valerio Caprara, Marino Niola.

Totò, come si sa, ha girato un centinaio di film di diversa fattura: da quelli più improvvisati e sgangherati a quelli - sono molti - destinati a rimanere nella storia del cinema. Sono molti i personaggi da lui portati sullo schermo e non sempre di ceto proletario o piccolo-piccolo-borghese, come pretende un cliché molto diffuso. In film come 47 morto che parla, Il Comandante, I due colonnelli, Totò cerca pace, Totò contro i quattro, per limitarci a questi, interpreta ruoli di alti funzionari o di borghesi benestanti: la maschera e la vis comica sono le stesse ma gli ambienti sociali cambiano radicalmente.

Vorrei ricordare, invece, il Totò espressione della «gente meccanica e di piccolo affare» giacché ritengo che ad esso siano legati la sua autentica grandezza di uomo e di attore e il posto eminente che si è assicurato nella storia della cultura e dei costumi dell'Italia del primo Novecento. Quel posto oggi pare scontato ma non è sempre stato così. E qui cade la vexata quaestio del riconoscimento o meno dell'arte di Totò da parte della critica ufficiale. E' vero, sì, come sostengono oggi gli intellettuali di sinistra, che il comico napoletano è sempre stato apprezzato dagli esperti ma oggetto di stima sono stati la sua maschera plautina, la sua straordinaria mimica, il suo essere l'ultima grande espressione della commedia dell'arte, ma non si è mai digerito il suo qualunquismo, il suo «anarchismo di destra», le sue simpatie monarchiche (e persino per Achille Lauro!), la sua prossimità all'amico di una vita, Guglielmo Giannini, il fondatore dell'Uomo Qualunque. Anche Goffredo Fofi, al quale si deve, la riscoperta a sinistra di Totò, pur riconoscendo il suo «qualunquismo indiscutibile», ci ha tenuto a precisare: che esso è «meno inquinato di quello storico; è più legato a una visione ancora sottoproletaria, ancora napoletana, fatta più matura dall'intuizione, se non dalla coscienza, delle leve reali del potere e delle loro responsabilità generali». Meno inquinato, cioè meno sporco?

Scrisse più di mezzo secolo fa un grande filosofo politico, Augusto Del Noce, che il qualunquismo - di cui Totò, a mio avviso, fu la sublimazione poetica - «non è altro che forma matura e vera dell'antifascismo, come contrario del fascismo, contro un antifascismo immediato e irriflesso, il cui sbocco logico sarebbe la delizia di una dittatura antifascista», intesa come progetto (azionista e socialcomunista), di riforma morale e intellettuale degli Italiani, di «rigenerazione nazionale». Un progetto che era la negazione stessa della democrazia liberale giacché essa, per citare uno storico oggi dimenticato, Alberto Aquarone, affida l'evoluzione dei costumi al «tessuto vivo e vario del corpo sociale» non allo Stato o ai partiti. L'uomo qualunque che, in film come Destinazione Piovarolo di Domenico Paolella, Siamo uomini o caporali di Camillo Mastrocinque, Guardie e ladri di Steno e Monicelli, Totò e Carolina di Mario Monicelli e altri ancora, «oppone la sua sofferenza, il dolore che i professionisti della politica hanno sparso per il mondo e reagisce come l'uomo che non vuol lasciarsi compere i..» è lo stesso che ci lascia, nel mediocre Totò contro Maciste di Fernando Cerchio, una delle rare e più esilaranti caricature del duce, l'arringa alle truppe di Totòkamen: «Uomini di Tebe. Richiamati (...) L'ora della riscossa è giunta! Vuoi tu combattere contro l'assiro secolare nemico delle nostre genti? (...) Spezzeremo le reni a Maciste e ai suoi compagni, a Rocco e ai suoi fratelli!» È casuale?

Se Goethe e il principe De Curtis erano accomunati dalla massoneria

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Un volume ricostruisce l'avventura «in loggia» del grande attore

Che c'è in comune tra Goethe e Totò? Apparentemente proprio nulla, eppure tra le stravaganze della storia entrambi sono stati massoni. Ancora troppo poco, è vero. Ma tra gli sporadici discorsi che Goethe tenne nella Loggia Anna Amalia delle tre Rose di Weimar (in cui fu iniziato il 23 giugno 1780) ce n'è uno che potremmo intitolare La livella, come la più famosa poesia del Principe Antonio de Curtis, in arte e per tutti noi e sempre: Totò. La celebre orazione di Goethe in loggia avvenne il 15 giugno 1821 in occasione della commemorazione di alcuni «fratelli» scomparsi. Ciò che Goethe esalta, è proprio la forza sublime della «livella» (antico simbolo massonico): la morte che tutti ci fa eguali, così in loggia come al cimitero. In loggia - siamo ancora nell'Ancien Régim - aristocratici, borghesi, nobili e artigiani, tutti fratelli (più o meno, s'intende). Questo era il grande fascino che la massoneria settecentesca esercitò, in Germania, su Goethe, Mozart, Lessing, nonché su principi e sovrani, tra cui Federico II di Prussia. Diversa è la storia della massoneria in Italia, con alti (Garibaldi, Carducci, eppure Totò) e bassi (Licio Gelli).

L'avventura massonica di Totò è stata ora ricostruita in un bel libro di Ruggiero di Castiglione, Totò massone (Athanor), che accenna proprio a quel principio goethiano della «livella», che suggerisce agli uomini l'antica sapienza della tolleranza e dell'ironia, quell'ironia ben nota a Antonio de Curtis/Totò, che riuniva in sé, in stupenda disarmonia, il Principe e il comico, il nobile e il guappo, il raffinato e il lazzarone, o per dirla con 'a Livella: «Il nobile marchese Signor di Rovigo e di Belluno, ardimentoso eroe di mille imprese ed Esposito Gennaro - netturbino». Vi è nella personalità di Totò proprio una diagonale che unisce gli estremi opposti della vita. È la stessa intuizione di Goethe, per cui in loggia e nella tomba sono tutti uguali, tutti «fratelli».

Totò, con la sua ironia «diagonalmente» incontra uno personaggio che è il suo diretto e invisibile predecessore: Mefistofele. Il Padre Eterno, accogliendolo in cielo, lo chiama Schalk, il Beffardo, dicendogli: «Qui sarai sempre libero di comparire». Chissà dove si trova ora Totò, ma certamente anche lui sarà sempre libero di comparire in paradiso.

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