

L'ultima puntata del reality è andata in onda il 31 luglio e i nuovi vip già sponsorizzano gioielli, creme e prodotti dimagranti
Non hanno fatto in tempo a mettere piede sulla terraferma che i protagonisti di Temptation Island già sponsorizzano di tutto. Le aziende non hanno infatti perso tempo ed hanno subito ingaggiato i nuovi vip per farsi pubblicità su Instagram.
Per chi utilizza quotidianamente i social network la pratica non è nuova. Aziende di ogni tipo contattano influencer o persone più o meno note chiedendo loro di inserire nel racconto delle loro giornate, fatto con le Instagram Stories, i propri prodotti "fingendo" di utilizzarli e quindi invitando i followers ad acquistarsi. Il tutto a volte corredato di tutorial su come muoversi nei siti delle imprese. Ovviamente previo compenso. È chiaro che si tratta di pubblicità e il problema, sollevato dalle principali associazioni a tutela del consumatore, è che non viene segnalato il messaggio promozionale. Risultato? Su un bacino di nove milioni di utenti attivi su Instagram in Italia (ultimi dati diffusi dalla piattoforma), c'è sicuramente il rischio che parte di loro non capiscano la vera natura del messaggio.
A nulla sembra quindi servita la polemica nata nei mesi scorsi che ha portato anche il governo ad impegnarsi per legiferare sulla questione. I nuovi vip usciti da Temptation Island si sono messi subito a lavoro. Sara, Selvaggia, Valeria e le altre ragazze del format di Canale 5 raccontano ai propri followers di utilizzare creme dagli effetti miracolosi o di aver ricevuto in regalo delle collane da "un'amica". Appena approdate nel mondo dello spettacolo, non sono così convincenti e il risultato è che non riescono a guardare la telecamera dello smartphone e nello stesso tempo leggere il testo fornito loro dalle aziende. Essendo evidente lo scopo pubblicitario, i nuovi vip potrebbero seguire il suggerimento dell'Istituto di autodisciplina pubblicitaria. L'associazione ha pubblicato qualche settimana fa la seconda edizione della "Digital Chart" in cui nello specifico delle sponsorizzazioni fatte sui social invita gli influencer a scrivere sotto i post pubblicati "pubblicità", "promosso da" o "in collaborazione con". Altrimenti si possono utilizzare hashtag come #ad (advertising) o #brand.
Intervistato dall'amico e collega J-Ax, Fedez ha parlato del suo passato e della sua vita privata: "Io e i miei amici non ci fumiamo nemmeno le canne, ora sono sobrissimo"
"Ho provato qualsiasi tipo di droga, tranne l'eroina", inizia così la lunga intervista di Fedez sull'ultimo numero di Millennium, il mensile de Il Fatto Quotidiano.
Il rapper milanese si è fatto intervistare dall'amico e collega J-Ax. Un'intervista che affronta diversi punti, dalla politica alle droghe appunto. "Ora sono sobrissimo - dice Fedez -. Non riesco nemmeno a bere tre bicchieri di vino insieme. Comunque ho provato tutto, tranne appunto l'eroina. Io e i miei amici non fumiamo nemmeno le canne, anche se la gente della mia età è cresciuta facendosi di Mdma e tanta bamba (cocaina, ndr)".
Il futuro sposo di Chiara Ferragni ha parlato anche del rapporto con il rap italiano. "Una volta avevi tutti gli altri rapper che ti leccavano il culo - continua - volevano tutti firmare un contratto. Ora hanno tolto la mano. La signora Paola Zukar, per esempio, manager di Fabri Fibra, ha scritto in un libro che io da ragazzo sono andato a cercarla e lei, siccome produce solo musica di qualità, mi avrebbe detto no. La verità è che il primo artista che mi contattò per un featuring fu Marracash, uno dei suoi. E poi mi chiamò lei. Fui io a decidere di non firmare, consapevole che la Zukar spingesse solo Fibra. D'altra parte, se lei fa solo musica di qualità, mi chiedo perché abbia prodotto Moreno".
E dopo qualche dettaglio sulla sua vita privata e sul suo passato, Fedez ricorda che il suo tour con J-Ax è ripartito e finira il 5 settembre a Taormina.
La figlia di Antonella Mosetti è tornata a parlare di bullismo e tramite il suo profilo Instagram ha scritto un lungo sfogo: "Per voi sono una figura positiva, per altri non è così"
Dopo l'esperienza al Grande Fratello Vip, la vita di Asia Nuccetelli è cambiata. Interviste, paparazzi, copertine, ma anche haters, invidie e tanta gelosia. Così Asia Nuccetelliha voluto ribadire ancora una volta tramite il suo profilo Instagram quanto abbia dovuto soffrire per arrivare dove è arrivata. Già in passato la mamma Antonella Mosetti aveva confessato che Asia era stata vititma di bullismo a scuola e dopo diversi anni era riuscita a superare tutta quella sofferenza.
Ora Asia Nuccetelli è tornata sul tema e su Instagram ha scritto: "Voglio parlare con voi. Per voi sono solo una figura positiva, negativa per tanti altri. Mentre io sono un cuore, che batte batte forte e un giorno smetterà di farlo. Un cuore ansioso, un cuore ferito dalle troppe prove della vita, un cuore felice e a seconda di tutto ciò cambia tipologia di battito. Il social network è un grande privilegio se si sa usare, tramite internet io posso comunicare con voi e raccontarmi. Ricomincio da me.. ciao sono Asia ho 21 anni (tra un mese) e una vita turbolenta alle spalle. Una vita che mi ha illuso. Una vita che appena giunta l'alba ha cambiato i piani per me. Una vita che non mi ha mai ucciso, una vita che non mi ha mai tolto il sorriso (...). Ho cambiato tutto di me, sia fuori che dentro, ho sentito la necessità ma sopratutto il coraggio di cambiare. Sono un eremita solitario, lo sono sempre stata. Ho allontanato chiunque dalla mia vita per mia scelta, perchè quando è il momento di cambiare ho bisogno di farlo da sola. Ma devo cambiare, migliorare.. crescere. Ho passato giornate o persino periodi in cui non vedevo un futuro, ho sofferto da sola, ho pianto, ho urlato mi sono persino graffiata le guance. Ma sono cambiata e ci vogliono due cazzo di palle enormi per stravolgere i piani abbandonando tutto ciò che non reputi necessario. Mi hanno insultata, ferita, minacciata, mi hanno picchiato come se non ci fosse un domani ma il domani c'era, ed il domani ero io. Solo che non lo capivo, non volevo capirlo. Continuavo a guardare la superficie, la mia mente non riusciva a spaziare più a fondo nelle cose. Ora? Non riuscirei a ferire nemmeno una mosca, perchè mi rispetto e rispettandomi rispetto il prossimo".
Ora Asia Nuccetelli è cambiata, è forte, è una nuova persona e tutte gli attacchi che le vengono rivolti contro non le fanno più paura.
Un post condiviso da Asia Nuccetelli Mosetti (@asianuccetelli.real) in data: 4 Ago 2017 alle ore 10:27 PDT
La figlia di Ornella Muti ha condiviso su Instagram una sua foto dove si mostra in topless. Naike Rivelli non è nuova a questo genere di provocazioni
Niake Rivelli non è nuova ai colpi di scena, alle provocazioni e alle foto piuttosto azzardate. Dopo aver pubblicato uno scatto a tradimento della madreOrnella Muti e dopo aver condiviso sui social un suo video che ha fatto discutere, la showgirl osa ancora.
Così sul suo profilo Instagram, tra foto semiserie e video divertenti, ha condiviso una sua foto in topless. Nello scatto in bianco e nero si vedono Naike Rivelli e uno spicchio di luna. Ma quello che ha colpito il pubblico non è tanto lo sfondo o la luce, quanto il soggetto in primo piano, ossia la showgirl.
Naike - bellissima come sempre - si fa vedere come mamma l'ha fatta. Le parti intime sono state coperte soltanto con fiori e stelle, ma il suo fisico mozzafiato è ben visibile. La Rivelli per accompagnare la foto hot scrive: "Credo negli incantesimi, nelle streghe, nelle fate e negli angeli".
Lo scatto ha ricevuto più di tre mila "like" e decine di complimenti.
Un post condiviso da Naike Rivelli (@naikerivelli) in data: 3 Ago 2017 alle ore 14:29 PDT
Il cantante lirico numero uno al mondo: "Trovo più faticose le sedute fotografiche dei concerti"
Jonas Kaufmann è il tenore numero uno al mondo, il grande nome che fa la grande differenza nei teatri d'opera. Nel senso che li riempie in un baleno, sebbene con altrettanta velocità si svuotino se dà forfait, come accaduto mesi fa per un problema - risolto - alle corde vocali. Di Monaco, 48 anni, colto, smart, sguardo tenebroso e fisico atletico, Kaufmann è al culmine della carriera. In settembre esce l'ultimo cd per Sony: L'Opéra, una selezione di arie francesi con la Bayerische Staatsorchester diretta da Bertrand de Billy. Quanto all'Italia, bisogna aspettare il 22 dicembre per il prossimo appuntamento: a Roma, con Tony Pappano alla direzione dell'orchestra di Santa Cecilia.
Perché un omaggio all'opera francese?
«È un repertorio che porto nel cuore, in questo album vi sono arie celebri ma anche pezzi e ruoli che sono stati determinanti per la mia carriera. Per esempio, con Carmen e Werther, nel 2001 a Toulouse, si spalancarono tante porte».
Ha inciso il penultimo cd con i Wiener Philharmoniker. Cosa rende unica questa orchestra?
«Anzitutto il suono inimitabile, frutto di una lunga tradizione. I Wiener sono poi la fonte autentica di compositori come Mahler e Richard Strauss».
Quando è costretto ad annullare una recita, come vive quelle ore?
«Male. Chi riuscirebbe a viverle con indifferenza? Ti senti miserabile, non solo per le cattive condizioni fisiche, sai che le persone saranno deluse e addirittura arrabbiate, hanno comprato un biglietto, prenotato aerei e hotel. E tu non ci sei».
Quando si riascolta, sente un pizzico di gioia o prevale l'insoddisfazione?
«È difficile gioire ascoltando i proprie dischi e interviste. Pensi sempre che avresti potuto fare meglio. Apprezzo alcune mie cose, ma mi concentro su ciò che deve essere perfezionato».
Quali ruoli procurano le più grandi insidie vocali?
«Placido Domingo ha detto che Des Grieux, nella Manon di Puccini, è più difficile di Otello, devi disegnare la metamorfosi di un giovane innamorato che si riduce a schiavo di Manon. Anche alcune frasi di Radames e Alvaro possono creare problemi».
E invece qual è il personaggio psicologicamente più difficile da reggere?
«Otello, regala tante emozioni però c'è il rischio di farsi travolgere. Devi esprimere i suoi dubbi, paure, arrabbiature, violenza, con la voce e il corpo. È determinate che in te ci sia una parte che controlli tutto, altrimenti ti perdi in un minuto».
A Londra ha appena debuttato in Otello, con Pappano. Un successo...
«Con Tony ho avuto la fortuna di creare tanti nuovi ruoli, oltre ad Otello, Faust (Berlioz), Don José, Cavaradossi, Des Grieux (Puccini), Andrea Chénier».
Nel 2018 canterà spesso Andrea Chénier, il titolo con cui apre la prossima stagione della Scala. Lei però non ci sarà, inutile confessarle che l'avremmo voluta... Le era stato offerto il ruolo?
Kaufmann, beniamino di passate Prime scaligere, non risponde (che per noi è una risposta). Il protagonista dell'Andrea Chénier del 7 dicembre scaligero sarà il marito di Anna Netrebko, e tenore, Yusuf Eyvazov.
Non inizia a pesarle il circo mediatico, le richieste dello star system?
«Le attività di pubbliche relazioni sono più stressanti dei momenti di studio e performance. Per non parlare delle sessioni fotografiche che possono essere più lunghe di un'opera di Wagner, con una differenza però: in Wagner hai qualche pausa, durante i servizi fotografici no».
Canta spesso a Monaco. Il fatto che sia la sua città fa la differenza?
«Eccome. Uscire di casa per andare al lavoro è assai più gradevole che stare in hotel, e muoversi con valigia al seguito. Sono così felice che dopo il debutto al Met il teatro della mia città sia ora la mia base».
È diventato Jonas Kaufmann nel corso degli anni. Come ha vissuto la fase precedente allo scoppio di luce procurato dalla Metropolitan Opera House di New York?
«Prima c'è stata quella chiamo una solida carriera europea. Il Met mi ha fatto entrare nella federazione internazionale. Diciamo che a quel punto ho sfondato».
S'innamorò dell'Italia da bimbo, durante le vacanze estive. Ora?
«Continua a piacermi la gente, la lingua, le città, i panorami, le coste, la musica, il cibo. Non potrei vivere senza pizza, pasta, gelato, caffé e dolci italiani».
Invece le note dolenti?
«Mi rattrista vedere che nel Paese del canto e dell'opera negli ultimi 30 anni abbiano chiuso tanti teatri».
Come vive il fatto che i media l'abbiano eletta a sex symbol?
«C'è voluto un poco per liberarmi di questo cliché ed essere preso sul serio. Non possiamo essere indifferenti alla forza dell'immagine nell'era dei dvd, dei siti web, di YouTube. Non è che mi offenda se leggo che sono bello e sexy, ma se un articolo si concentra su questo sorvolando sulla musica, allora dissento. E comunque, la bellezza aiuta a raggiungere la vetta più velocemente, ma per rimanervi devi avere certe qualità vocali».
Ruolo che affronterà in futuro?
«Tannhäuser e il secondo atto Tristan in forma di concerto, a Boston e New York».
La cantante irlandese pubblica un video su Facebook in cui si mostra in lacrime: "Le malattie mentali sono come le droghe, chi ti ama e dovrebbe prendersi cura di te, invece, ti tratta male"
Non è la prima volta che fa parlare di sé per il proprio forte disagio. Stavolta la cantante irlandese Sinead O'Connor ha affidato a Facebook il proprio sfogo, con un video in cui esprime sofferenza e solitudine. "Nella mia vita non c'è nessuno, a parte il mio dottore, il mio psichiatra, che è l’uomo più dolce della Terra che dice che sono la sua eroina. Questa è l’unica cosa al momento che mi mantiene in vita". Nel video, che dura undici minuti, la O'Connor si mostra estremamente fragile. Racconta di vivere in un motel nel New Jersey e di sentirsi terribilmenter sola.
A un certo punto lascia un messaggio che farà pensare: 'Voglio che tutti sappiano cosa significa, e perché faccio questo video. Le malattie mentali sono come le droghe, sono uno stigma: all'improvviso tutte le persone che dovrebbero amarti e prendersi cura di te ti trattano male''.
Gianluca Vacchi in vacanza in Sardegna
Gianluca Vacchi si gode il sole e il relax in Sardegna. Al suo fianco c'è la bellissima Ariadna Gutierrez e tantissime altre modelle. Il settimanale Chi ha pizzicato l'imprenditore durante un momento piuttosto intimo
L'estate è forse la stagione in cui i ladri si danno più da fare. E Sandra Milo ricorda un episodio del suo passato
L'estate è forse la stagione in cui i ladri si danno più da fare. Con le case che si svuotano per le partenze, spesso i malviventi hanno gioco facile ad intrufolarsi nelle abitazione per portare via di tutto. E su questo tema è intervenuta Sandra Milo ai microfoni de La Vita in Diretta. La Milo di fatto ha raccontato la sua estate: "Adesso mi piace stare a casa a Roma che è bellissima in questo periodo, non c'è quasi nessuno, si trova parcheggio. Sembra che anche i ladri siano andati in vacanza. I furti sono diminuiti". Poi svela un retroscena sul passato e su un furto subito in casa: "Nella casa precedente i ladri sono entrati in casa cinque volte e ci hanno anche narcotizzati tutti, compresi i cani. La casa vuota e i cani per terra. Anche noi stavamo male, storditi. Cose che capitano". Un'esperienza che ha segnato la Milo. Di fatto non sono pochi gli episodi del genere che si consumano in diverse case degli italiani. E spesso l'epilogo del furto ha esiti ben più drammatici.
Sinuosa e sexy in bikini bianco. Juliana Moreira sta passando le sue vacanze in Thailandia e su Instagram posta il video di un balletto filmato dal marito Edoardo Stoppa. Juliana è in forma smagliate dopo la nascita del secondogenito, Sol Gabriel, avvenuta lo scorso settembre.
LaPresseDa domani nelle sale italiane la versione cinematografica di una tra le saghe letterarie più amate. Lo scrittore spiega come ha lavorato per adattarla al grande schermo
Quando arriva l'Apocalisse? Quando la mente d'un bambino farà crollare la Torre Nera che ci protegge dall'esterno. Dove si aggirano i demoni che Stephen King, tra i migliori narratori contemporanei, con oltre mezzo secolo di carriera e più di 80 libri scritti, concepisce in modo così eclettico da ispirare i film più diversi: da Shining a Il miglio verde e Le ali della libertà, dalla pagina allo schermo ogni volta, grazie alle sue mitologie pop, il successo è garantito.
E ora tocca a La Torre Nera (in sala da domani, mentre i fans scalpitano) scalare il box-office nordamericano: l'affascinante fantasy dal sapore western - girato dal danese Nicolaj Arcel e interpretato da Idris Elba nei panni del Pistolero Roland Deschain, che ha giurato di proteggere l'universo, e dal premio Oscar Matthew McConaughey, nel ruolo del malefico Uomo in Nero Walter O'Dim - al primo week-end di uscita si è imposto con 19,5 milioni di dollari. Si tratta di un'opera monumentale, collocata al centro dell'intera collezione kinghiana: il racconto epico de La Torre Nera consiste in otto romanzi focalizzati sull'eterna battaglia tra Bene e Male, mentre è in gioco il destino di più mondi. Preceduto da una polemica sui social, quando la scelta del Pistolero è caduta sull'attore britannico di colore Idris Elba, contestata dai fans di King, che descrive il personaggio come un uomo dalla pelle chiara e dagli occhi celesti, il film fa discutere, tanto che il New York Times critica l'assemblaggio dei clichés. Soprattutto i kinghiani di ferro nel film trovano alcune discrepanze, rispetto al libro.
Nel frattempo, il 69enne autore horror, che ha ispirato registi del calibro di Kubrick, De Palma e Cronenberg e che ha ricevuto la National Medal of Arts, la più alta onorificenza americana per un artista, si gode il successo nella sua eccentrica villa vittoriana di Bangor, nel Maine.
«Ho cominciato a scrivere La Torre Nera che avevo 22 anni, subito dopo aver terminato gli studi al college. Perciò si può dire che mi ci è voluta un'intera carriera. Ho iniziato presto a rendermi conto che avevo in mente tutti i personaggi relativi al Medio-Mondo, il mondo de La Torre Nera. Che poi è diventato il fulcro del mio universo immaginario: i personaggi che apparivano in altri libri, li vediamo ne La Torre Nera e viceversa», spiega. Ed è proprio la mescola dei generi più in voga che viene rimproverata al re dell'horror, incline alle stratificazioni geologiche dei suoi lavori: qui tra maghi, incantesimi e boschi - il film è stato girato nel deserto del Karoo e sulle catene montuose di Cederberg, in Sudafrica - confluiscono vari elementi di fantasia. Ma di quali influenze risente La Torre Nera?
«Ho subito molto l'influenza de Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien, nonostante non vada pazzo per elfi, orchi e alberi che camminano. Però mi è piaciuto molto quello che ha scritto Tolkien. All'incirca nello stesso periodo, ho visto il film Il buono, il brutto, il cattivo di Sergio Leone (il capolavoro è del 1966, ndr) e l'uomo senza nome di Clint Eastwood mi ha fornito l'ispirazione. Poi c'è stata anche una poesia di Robert Browning, Childe Roland alla Torre giunse, che ho usato per dare il via a questo fantasy epico. Ho scritto il verso L'uomo Nero fuggì nel deserto e il pistolero lo seguì, ma non sapevo dove vivesse, né cosa fosse il Medio-Mondo, o che relazione avesse con il resto del mondo».
Nell'immaginario dello spettatore, la Torre Nera rappresenta il baluardo contro le tenebre e il fuoco che divorano tutto. «Bisogna immaginare un albero motore, o un perno, a cui sono collegati tutti i mondi. Che cosa succede se a un'auto si rompe l'albero motore? Non cammina più. La Torre è la forza e i pistoleri sono un antico gruppo di cavalieri devoti alla protezione della Torre. Purtroppo sono stati decimati - ne è rimasto soltanto uno, Roland. E contro di lui c'è un nemico pericoloso, che vuole abbattere la Torre», chiarisce King.
L'adattamento cinematografico di questo opus magnum, curato da Akiva Goldsman, Jeff Pinkner, Anders Thomas Jensen e Nicolaj Arcel e approvato da King stesso, qui anche produttore, inizialmente si presentava arduo. «La domanda era: come possiamo presentare al pubblico tanto materiale, così che gli spettatori possano comprendere e immergersi immediatamente nella storia, non importa se hanno letto il libro o no? Meglio entrare in medias res, il che vuol dire iniziare dal centro della storia. Si è dunque iniziato a scrivere dal centro della storia e poi sono stati inseriti i personaggi: da quel punto in poi, tutto è filato liscio come un treno merci», spiega l'autore di Portland, amato dalla Hollywood del business: da quattro decenni, dai tempi di Carrie, gli adattamenti delle sue opere, al cinema o in tivù, rendono molto. Da compulsatore di Twitter, King ha superato la polemica sulla scelta dell'attore britannico di colore Idris Elba.
«Non bado al colore della pelle degli attori. Soprattutto perché quando scrivo un personaggio mi metto dietro ai suoi occhi. A meno che i miei personaggi non si mettano a passeggiarmi davanti, riflessi in uno specchio, non so quale aspetto possano avere. A 25 anni era come se, nella mia testa, ci fosse gente che scappava da un edificio in fiamme. Ora ho idee diverse. Non so se siano buone, sono idee».
La serie di Amazon porta sul piccolo schermo l'ultimo romanzo dello scrittore americano
C'è di tutto nella vita di Francis Scott Fitzgerald (1896-1940): il successo, la bella vita, la crisi del 1929, la pazzia della donna amata. E questi sono gli elementi che hanno animato i suoi romanzi più noti: Di qua del paradiso, Belli e dannati, Il grande Gatsby.
Ma nella vita di Fitzgerald (sarà stato meno romantico ma la vita non lo è mai), c'è stato anche l'adattarsi, il sopravvivere, il tirare a campare, il peso del venire a patti. Lo scrittore dopo la sua crisi depressiva del 1936, economicamente mal in arnese, cercò di ricostruirsi una vita a Hollywood. Nel 1937 accettò di lavorare come sceneggiatore per la Metro-Goldwyn-Mayer per diciotto mesi. Nel frattempo ebbe una relazione con la giornalista mondana Sheilah Graham, che lo aiutò a riacquistare, in parte, un equilibrio.
Il lavoro non lo entusiasmava ma gli procurò, se non altro, una certa tranquillità economica lasciandogli il tempo per scrivere. Collaborò in questo periodo a diversi film: Donne (The Women) del regista George Cukor, l'adattamento di Three Comrades di Frank Borzage. È in questo periodo che Fitzgerald lavorò al suo ultimo e mai terminato romanzo: The Last Tycoon (che per noi italiani è Gli ultimi fuochi). Questo romanzo, rimasto sbozzato, ci racconta, con molta disillusione, proprio la vita a Hollywood. Per dirla con le parole del critico Edmund Wilson (1895-1972) che ne curò l'edizione: «The Last Tycoon è di gran lunga la migliore opera narrativa che sia mai stata scritta su Hollywood, e la sola che ci conduca dietro le quinte. È stato possibile integrare questa stesura incompiuta con un riassunto del seguito della vicenda, quale Fitzgerald intendeva svilupparla, e con parte degli appunti dell'Autore, appunti che si riferiscono, spesso in modo brillante, ai personaggi e agli episodi».
È da qui che prende le mosse la serie di punta della piccola ma agguerrita library di Amazon Prime Vision (il servizio di streaming gratuito per chi ha Amazon Prime) che è disponibile on line in Italia da alcuni giorni. E non è da tutte le fiction avere un nocciolo della trama figlio della fantasia di Francis Ford Fidzgerald (1896-1940)...
Va detto che la narrazione, liberamente ispirata per carità, si discosta abbastanza da quella originale. Lo fa soprattutto nella trama, che prende proprio una sua strada propria. Mantiene però alcuni degli elementi che contano nel romanzo di Fitzgerald: il glamour che alla lunga asfissia, le lotte di potere, la crisi del 1929 che lambisce anche il mondo dei grandi Studios. Insomma, il sogno americano ma col fiato corto e guardato anche dal suo lato sporco, quello dove chi perde si fa del male. Anche il risultato è gradevole, nonostante gli sceneggiatori, tra cui Christopher Keyser e Billy Ray, abbiano di necessità pigiato sull'acceleratore del lato glamour della storia, quel tanto che serve per il piccolo schermo.
A esempio non è farina del sacco di Fitzgerald il tema dei filo nazisti a Hollywood. Per carità, tutta storia vera, all'epoca la Germania era un mercato fondamentale per i film americani, e che vivacizza la narrazione in formato televisivo. Per questa parte della vicenda gli sceneggiatori si sono basati, come hanno spiegato a Wired, sul saggio The Collaboration di Ben Urwand. Non è la sola sottotrama modernizzante, si è anche allargato lo spazio regalato ai personaggi femminili. Ma Fitzgerald, che ha provato di persona la durezza del lavoro di sceneggiatura, probabilmente perdonerebbe (del resto, in 8 episodi è consento spaziare).
Quanto agli ambienti, agli oggetti e a tutto quel che è filologia applicata alla produzione televisiva, ormai il digitale ci ha abituato alla perfezione. E The Last Tycoon si attiene a quanto previsto: perfezione, con prevalenza di una iconografia luccicante. Tutto è più vero del vero, forse sin troppo. Roba che avrebbe persino entusiasmato Fitzgerald, quello giovane e speranzoso più di quello hollywoodiano del finale di partita. Una scelta diversa da quella del regista Elia Kazan che nel film, omonimo, del 1976 aveva scelto, anche come fotografia, tinte molto più crepuscolari. Niente confronti attoriali con quel film. Kazan aveva a disposizione: Robert De Niro, Tony Curtis, Robert Mitchum, Jack Nicholson. Però, a fare il critico malevolo, si potrebbe rimarcare che nella serie manca un po' d'anima, forse colpa anche degli attori, legnosetti a tratti, compreso l'emergente e osannato Matt Bomer.
Forse il tentativo di essere iconici e retrò ha contribuito a irrigidire inutilmente. Ma forse lo scrivente ha torto e, anzi, hanno preso alla lettera quella frase di Fitzgerald proprio ne Gli ultimi fuochi - «La tragedia di quegli uomini stava nel fatto che nulla, nella loro esistenza, aveva mai affondato i denti in profondità» - e l'hanno trasformata in recitazione.
Il cineasta gira "All the Money in the World". E a gennaio arriva una miniserie
È il 10 luglio 1973 quando John Paul Getty III, 17 anni, viene rapito a Roma. Ultimo nato di una famiglia ricchissima e disfunzionale, nipote di uno degli uomini più facoltosi del mondo, il ragazzo vive da tempo in Italia, da hippy, vendendo collanine che lui stesso produce. Un capellone, come si usava definirli allora. I rapitori però sanno del nonno petroliere e credono di aver messo le mani su una montagna di denaro. Chiedono un riscatto miliardario ma non vengono presi sul serio. La polizia in un primo tempo ipotizza un escamotage messo in piedi dal ragazzo per ottenere denaro dal nonno. Il padre John Paul II, eroinomane, è a Londra e rifiuta persino di rispondere alle telefonate. Il nonno è chiuso in una villa della campagna inglese, con cinque amanti e un cucciolo di leone. Ha troppo da fare per badare al nipote hippy. L'unica che cerca di interloquire con i rapitori è la madre del ragazzo. Anche lei vive a Roma, gestisce un negozio e non ha denaro. La svolta arriva quando i rapitori mandano alla redazione di un quotidiano una busta contenente un orecchio mozzato del ragazzo. La famiglia si decide a pagare: un miliardo e 700 milioni di lire. Il 15 dicembre, dopo cinque mesi di segregazione, John Paul III viene liberato.
La storia ha tutte le potenzialità per essere raccontata al cinema e in tv. E così sarà. Come spesso accade a Hollywood, dove le pareti degli studios hanno orecchi, due diversi progetti sono in itinere. Uno al cinema e l'altro in televisione. Al cinema sarà Ridley Scott a descrivere il rapimento e la strana reazione della famiglia Getty in All the Money in the World; per la tv invece Danny Boyle, il regista de The Millionaire, girerà una mini serie prodotta da FX e intitolata Trust. La serie partirà con la puntata incentrata sul rapimento, dietro cui c'era la 'ndrangheta calabrese, ma non si fermerà a quell'episodio. Racconterà le dinamiche di quella strana e facoltosa famiglia cui il denaro ha dato tutto ma ha negato ogni capacità affettiva. I produttori di FX descrivono la serie come «un mix, in parti uguali, di storia famigliare, saga dinastica e della dimostrazione di quanto il denaro possa avere potere corrosivo». Trust, che dovrebbe debuttare in tv in gennaio, verrà girata fra Londra e l'Italia.
Totalmente in Italia invece sarà girato il film di Scott, incentrato sulla figura di Gail Harris, la madre del ragazzo (che potrebbe essere interpretata da Michelle Williams, dopo il «no» di Angelina Jolie) che cercò in tutti i modi di convincere il capostipite a versare il riscatto, senza riuscirci fino al macabro invio del lobo del nipote. John Paul III fu addirittura costretto a restituire, a rate, la cifra del riscatto al nonno. Non si riprese mai dalla carcerazione e dalle violenze subite. La sua vita fu segnata da problemi di alcol e droga. Nel 1981 ebbe un ictus a causa dell'assunzione di un mix di droghe che gli fu quasi fatale e lo lasciò paralizzato a soli 24 anni. Morirà il 6 febbraio 2011 a 54 anni, nella sua tenuta di Wormsley Park, a Wormsley, nella contea di Buckinghamshire, in Inghilterra. John Paul III e la sua terribile famiglia sono la prova, tangibile e reale, che il denaro non regala la felicità.
Alba Parietti continua a parlare di Ballando con le Stelle e della sua esperienza nel programma: nel mirino c'è la Carlucci
Alba Parietti continua a parlare di Ballando con le Stelle e della sua esperienza nel programma. Ma dopo le scintille con Selvaggia Lucarelli adesso mette nel mirino, in un'intervista a Chi, Milly Carlucci, la conduttrice. "Mi sono sentita usata e messa da parte, ho avuto poca considerazione umana da alcune componenti del programma. Ho dato tantissimo sapendo quale fosse la mia parte in commedia, ho accettato le polemiche pretestuose e ingiuste che non riguardavano il ballo, ho fatto i picchi d’ascolto e mi sono scontrata con Selvaggia Lucarelli. Ma, quando la Lucarelli ha fatto l'offesa, minacciando di saltare la finale se ci fossi stata io, Milly Carlucci ha registrato un video di scuse pubbliche che era fuori luogo, perché chiedere scusa a lei voleva dire voltare la spalle a me", spiega la Parietti. Poi rincara la dose: "In virtù delle mie polemiche io sono qui, mentre tu balli, forse me la sono giocata meglio, dicendo in pratica che andare a Ballandocome concorrenti è da sfigati, mentre essere in giuria è un titolo onorifico. Ha umiliato chi accetta di partecipare alla gara, ma leggo che l’hanno confermata, quindi ha ragione lei". Infine la stoccata alla Lucarelli e la maxi richiesta di risarcimento da 180mila euro: "La questione andrebbe discussa dal parrucchiere e non in Tribunale perché, come cantava De Andrè, è una storia di periferia, una storia per parrucchieri. Una che fa la “polemista” non può querelare chi le risponde a tono, è come se Mike Tyson denunciasse un avversario dopo aver preso due cazzotti".
La storia tra Massimiliano Allegri ed Ambra Angiolini prosegue e di fatto sembra andare tutto a gonfie vele
La storia tra Massimiliano Allegri ed Ambra Angiolini prosegue e di fatto sembra andare tutto a gonfie vele. Ancora una volta la coppia è stata paparazzata dal settimanale Chi e questa volta i due sono stati pizzicati mentre, valigie in mano, sono pronti per una fuga d'amore. I paparazzi del settimanale diretto da Antonio Signorini sono stati beccati mentre si trovavano all'aeroporto di Fiumicino a Roma mentre si preparavano a partire per qualche meta vacanziera. I due sorridenti si godono qualche altro attimo di relax prima che il mister bianconero venga risucchiato nella stagione della Juve che è ormai alle porte. Qualcuno poco tempo fa notando la Angiolini da sola in ferie aveva lanciato il sospetto che tra i due la storia fosse già al capolinea. Ma adesso le nuove immagini di Chi rivelano che la relazione è ormai collaudata e che i due fanno sul serio. Sia Allegri che Ambra non hanno mai rilasciato dichiarazioni esplicite sulla loro storia. I due vogliono preservare il flirt dai clamori del pettegolezzo. Bisogna capire quanto questa storia possa durare. Gli amici di Ambra l'hanno già messa in guardia da Max che è già famoso per essere un playboy.
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