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Il principe George deriso per la danza classica: interviene Roberto Bolle

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Il principe George dal prossimo anno scolastico seguirà probabilmente un corso di danza classica e questo ha scatenato l'ironia di una giornalista della tv americana, costretta a scusarsi dopo le polemiche e l'intervento di Roberto Bolle

Il Principe George nelle prossime settimane seguirà un corso di danza. Questa notizia, che di per sé non lo sarebbe, ha fatto il giro del mondo perché una giornalista americana è intervenuta per deridere il bambino. In difesa di Baby George si è schierato Roberto Bolle, uno dei più grandi ballerini di sempre.

Le vicende legate alla famiglia reale inglese sono sempre oggetto di grandi discussioni, soprattutto nel Regno Unito. Voci di corridoio nelle scorse ore hanno fatto trapelare l'intenzione di William e Kate di iscrivere il piccolo George a un corso di danza classica a partire dal prossimo anno scolastico, che inizierà tra pochi giorni. La notizia è immediatamente rimbalzata in tutto il mondo ed è stata commentata da Lara Spencer, volto noto e conduttrice del programma Good Morning America. Le risate e gli ammiccamenti della donna hanno indignato gran parte dei telespettatori ed è montata un'aspra polemica contro la giornalista, soprattutto sui social network. Tra i personaggi più influenti che sono intervenuti in difesa del Principe George non poteva che esserci Roberto Bolle. “Vorrei sapere se avete trovato questo video divertente o inappropriato. È già difficile per i ballerini proprio per le prese in giro”, ha scritto il ballerino condividendo il video nel suo profilo.

Nel Regno Unito, i bambini sono tenuti a frequentare obbligatoriamente alcune discipline sportive, attività previste dal loro piano di studi. L'atto derisorio della giornalista Lara Spencer è fortemente stato stigmatizzato e quando il video del suo intervento è diventato virale suoi social la giornalista è stata costretta a porgere le sue scuse. “Mi scuso sinceramente per un commento insensibile che ho fatto ieri nelle notizie pop. Dal balletto a tutto ciò che uno desidera fare ed esplorare nella vita, io dico ‘vai e prova!’. Credo pienamente che dovremmo essere tutti liberi di perseguire le nostre passioni. Vai a scalare la tua montagna e adora ogni minuto”, ha detto la donna male sue scuse non hanno convinto i tanti indignati dalla sua reazione, considerata fuori luogo.

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#Repost @alexdwong I would really love to hear your thoughts on whether or not you not thought this was in good fun - or not appropriate. As a male dancer myself, I find it a little tough that @lara.spencer allowed this to happen. It’s already hard enough for so many male dancers being made fun of growing up. Thoughts?

Un post condiviso da Roberto Bolle (@robertobolle) in data: 23 Ago 2019 alle ore 1:47 PDT


Lizzie McGuire, arriva il sequel con Hilary Duff

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Hilary Duff sarà ancora Lizzie McGuire nella nuova stagione della serie tv andata in onda negli anni 2000. I nuovi episodi su Disney+

Lizzie McGuire, la famosa serie tv di Disney Channel degli anni 2000, con protagonista Hilary Duff, torna con una stagione.

La Disney continua ad arricchire il palinsesto della sua prossima piattaforma streaming: Disney+. Alla convention D23 Expo la compagnia di Topolino ha presentato i prossimi show che saranno disponibili sul proprio streaming. Tra i vari titoli ci sono produzioni nuove, come le serie tv The Mandalorian e su Obi-Wan Kenobi, appartenenti all’universo di Star Wars, oltre che le inedite avventure Marvel quali She Hulk, Ms. Marvel e Moonknight.

Ma la Disney punta molto anche sull’effetto nostalgia e recupera vecchie glorie per riproporle ai fan. In questo senso sono stati annunciati i reboot di film come Mamma ho perso l’aereo, Una scatenata dozzina, Una notte al museo e la versione live action di Lilly e il vagabondo. L’ultimo annuncio, arrivato a sorpresa, riguarda Lizzie McGuire e la sua nuova stagione. Si tratta del sequel di una delle serie tv più conosciute di Disney Channel che ha visto protagonista Hilary Duff per due stagioni con più di sessanta episodi ed anche un film dal titolo "Da liceale a popstar", ambientato a Roma.

La serie tv raccontava la vita di un’adolescente americana con le disavventure di questa commentate da piccoli divertenti sketch in cui compariva il suo alter ego versione animata, cioè la voce dei suoi pensieri. Gli episodi mostravano il rapporto di Lizzie con la famiglia, gli amici - Gordo e Miranda - e le sfide che una ragazza della sua età doveva affrontare a scuola e con i primi amori. I nuovi episodi faranno un balzo in avanti di molti anni e ci mostreranno una Lizzie McGuire cresciuta. Lizzie è alla soglia dei trent’anni, ha il lavoro dei suoi sogni e vive insieme al fidanzato a New York. Ovviamente le incomprensioni e i pensieri della protagonista metteranno tutto in discussione.

Hilary Duff già da tempo aveva espresso la sua intenzione a tornare nel personaggio ma niente di concreto era emerso a riguardo. Ora invece è ufficiale, e ad occuparsi del progetto ci sarà nuovamente Terri Minsky creatrice della serie tv. La piattaforma streaming Disney+ sarà disponibile a partire dal prossimo 12 novembre negli Stati Uniti, invece per quanto riguarda l’uscita italiana ancora non ci sono conferme.

Pupo grida "Forza Benevento" ma si trova in Irpinia, fischi per lui

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Gaffe geografico-calcistica per Pupo, che dal palco della Sagra della polpetta in provincia di Avellino grida "Forza Benevento!" senza sapere di essere in Irpinia e senza conoscere la rivalità tra le due compagini

Gaffe geografica per Pupo, che nelle scorse ore si trovava a Pratola Serra, un borgo della provincia di Avellino, per partecipare alla Sagra della polpetta. Un concerto come tanti altri per l'artista toscano, che durante questa estate si è esibito su diversi palchi in tutto il Paese.

Appassionato di calcio, Enzo Ghinazzi in arte Pupo, durante la sua perfomance ha dedicato qualche minuto all'interazione con le tante persone accorse per sentire la sua musica, disquisendo della formazione del Benevento. Come ha raccontato il sito irpino The Wam, Pupo ha esaltato la squadra campana e ha anche commentato sul palco il risultato di 0 a 0 ottenuto dalla compagine contro il Pisa nella prima giornata di campionato della serie B. Al grido di “Forza Benevento”, tutto si sarebbe aspettato Pupo, tranne che il pubblico reagisse rumoreggiando alle sue parole, con addirittura qualche fischio. Il cantante, infatti, era convinto di essere in provincia di Benevento e non in Irpinia e da qui nasce la gaffe che ha infastidito i presenti. In terra campana è nota l'accesa rivalità tra le due compagini,che attualmente giocano in due campionati differenti. Se, infatti, la squadra beneventana sta giocando il campionato cadetto, la formazione irpina si trova a disputare il campionato di serie C.

Se, quindi, Pupo avrebbe voluto scaldare ulteriormente l'atmosfera parlando di calcio in una zona in cui il sentimento per il pallone a scacchi è molto forte, ha invece ottenuto il risultato opposto. L'incomprensione è comunque stata rapidamente dimenticata dai presenti non appena il cantante ha iniziato a intonare i suoi brani più celebri, cantanti a gran voce dal pubblico. Probabilmente la prossima volta Pupo darà un'occhiata più attenta alla cartina geografica prima di scivolare in altre gaffe calcistiche.

Artemisia e la pittura come virile femminismo

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Dalla violenza subita a quella rappresentata Ritratto di una donna geniale e coraggiosa

Bisogna dire che, dominanti nel gusto e nella sensibilità comune i pittori del Rinascimento, e, nell'arte, gli strepiti dei futuristi e il silenzio della pittura metafisica, fu certamente un atto di grande indipendenza e sensibilità premonitrice, nel 1916, l'apertura di Roberto Longhi alla pittura di Caravaggio, e prima ancora, e più sorprendentemente, alla caravaggesca Artemisia Gentileschi: «L'unica donna in Italia che abbia mai saputo che cosa sia pittura, e colore, e impasto, e simili essenzialità... Nulla in lei della peinture de femme che è così evidente nel collegio delle sorelle Anguissola, in Lavinia Fontana, in Madonna Galizia Fede... Ma vien voglia di dire questa è la donna terribile! Una donna ha dipinto tutto questo!... che qui non v'è nulla di sadico, che anzi ciò che sorprende è l'impassibilità ferina di chi ha dipinto tutto questo ed è persino riescita a riscontrare che il sangue sprizzando con violenza può ornare di due bordi di gocciole a volo lo zampillo centrale! Incredibile vi dico!». Una vera folgorazione, descrivendo il più noto forse dei capolavori di Artemisia, Giuditta e Oloferne (conosciuto in due versioni), che apre un mondo nuovo, la cui fertilità feconderà un intero secolo di studi e di scoperte.

Longhi, veramente come un profeta, manderà luce nella notte del Seicento, con illuminazioni che rivoluzionano la storia dell'arte. La fortuna di Caravaggio e dei caravaggeschi nasce con Longhi, e ha poco più di cento anni. Ne sono annunci gli studi sul cavalier calabrese Mattia Preti, a margine delle celebrazioni per il terzo centenario della nascita (1613), volute da Alfonso Frangipane a Catanzaro, e quelli sui Gentileschi, Orazio e Artemisia, di cui Longhi riconosce il diverso ma equanime valore. Orazio aveva scelto di vivere a Roma nel momento giusto, al deflagrare della rivoluzione caravaggesca, cui aderisce con entusiasmo, pur essendo più vecchio di Caravaggio e di origine toscana. Testa fredda e cuore caldo, Orazio è un pittore di bellezza infinita; il suo limite è la raffinatezza, l'amore per le sete, gli ornamenti e i gioielli, come solo Lorenzo Lotto (certamente conosciuto negli anni marchigiani) aveva conosciuto. L'amore del padre si trasferisce alla figlia, prodigiosa nella intuizione e nella intelligenza.

Roma era per Orazio e Artemisia un teatro, come lo fu per lo stesso Caravaggio che arrivò soltanto tre anni dopo la nascita di Artemisia (1593) e, come il padre e la figlia, rimase travolto dalla grandezza della città antica e dalla potenza della città moderna che si arricchiva di palazzi e di chiese, rinnovando, nel tempo del Rinascimento, la città medievale, anche grazie alla spinta di due papi fiorentini, Leone X e Clemente VII, della famiglia de' Medici. Bambina, Artemisia si muoveva nello studio del padre e probabilmente vide anche il giovane e spavaldo Caravaggio. Aveva certamente un temperamento maschile ed era spinta da ammirazione ed emulazione per il padre che la introdusse al mestiere. Prima del 1610, la data che leggiamo nella Susanna e i vecchioni di Pommersfelden, sicuramente lavorò con impegno nella bottega del padre, il quale, ancora nel 1612, scriveva, della figlia, alla granduchessa di Toscana: «Questa femina, come è piaciuto a Dio, havendola drizzata nelle professione della pittura in tre anni si è talmente appraticata che posso adir de dire che hoggi non ci sia pare a lei, havendo per sin adesso fatte opere che forse i prencipali maestri di questa professione non arrivano al suo sapere».

Sono importanti valutazioni estetiche, potremmo dire critiche, che affermano il valore di Artemisia davanti alle opere, anche se non si può negare che i clamorosi eventi della vita, in particolare la violenza subita dall'amico del padre, Agostino Tassi, detto «lo Smargiasso», pur nella negatività, abbiano contribuito alla sua leggenda. È proprio Orazio che, non dubitando dell'amico, dopo l'apprendistato, gli affida Artemisia, mentre lavorano insieme nella sala del Casino delle muse in palazzo Rospigliosi. Virtuoso nella prospettiva, Tassi era sanguigno, facinoroso, pronto alla rissa; la giovane Artemisia era bella e di liberi costumi, e Agostino le rivolse subito le sue attenzioni fino a farle violenza.

Lo stupro si consumò nell'abitazione dei Gentileschi, in via della Croce, con la compiacenza di Cosimo Quorli, furiere della camera apostolica, e di una certa Tuzia, vicina di casa che, in assenza di Orazio, era solita accudire la ragazza. Artemisia descrisse così l'accadimento, con un ritmo incalzante: «Serrò la camera a chiave e dopo serrata mi buttò su la sponda del letto dandomi con una mano sul petto, mi mise un ginocchio fra le cosce ch'io non potessi serrarle et alzatomi li panni, che ci fece grandissima fatiga per alzarmeli, mi mise una mano con un fazzoletto alla gola et alla bocca acciò non gridassi e le mani quali prima mi teneva con l'altra mano mi le lasciò, havendo esso prima messo tutti doi li ginocchi tra le mie gambe et appuntendomi il membro alla natura cominciò a spingere e lo mise dentro. E li sgraffignai il viso e li strappai li capelli et avanti che lo mettesse dentro anco gli detti una stretta al membro che gli ne levai anco un pezzo di carne».

La sua testimonianza è di impressionante evidenza, e ha una icasticità caravaggesca. Agostino dovette però essere abile, e inizialmente la ammansì con la promessa di sposarla. Artemisia cedette alle lusinghe e si comportò more uxorio, continuando a intrattenere rapporti intimi con lui, nella speranza del matrimonio. Orazio, dal canto suo, tacque sulla vicenda, nonostante Artemisia l'avesse informato sin da subito. Fu solo nel marzo del 1612, quando la figliola scoprì che Tassi era già coniugato, che papà Gentileschi indirizzò la sua querela a papa Paolo V. Cominciò così il processo, nel quale Artemisia mostrò grande coraggio e determinazione, pur con una società e un diritto tendenzialmente avversi, pronti a riconoscere le responsabilità prevalenti della donna. Artemisia fu sottoposta anche a tortura per accertare la verità, e un notaio fu chiamato per attestare la lacerazione dell'imene. Il supplizio a cui fu sottoposta era quello cosiddetto dei «sibilli», che consisteva nel legare i pollici con cordicelle che si stringevano sempre di più sino a stritolare le falangi. Artemisia avrebbe rischiato di perdere le dita. Beffarde furono le parole che rivolse ad Agostino Tassi quando le guardie le stavano legando le dita con le cordicelle: «Questo è l'anello che mi dai, e queste sono le promesse!».

Il 27 novembre 1612 Tassi fu condannato a cinque anni di reclusione o, in alternativa, a sua scelta, all'esilio perpetuo da Roma. In realtà riuscì a eludere, grazie alle sue protezioni, entrambe le misure. Artemisia vinse il processo ma compromise la sua reputazione, fino a venire considerata una «puttana bugiarda che va a letto con tutti». Artemisia affrontò questa vicenda con grande consapevolezza, traendo considerazione dall'incidente, fino a diventare moderna protagonista del romanzo di Anna Banti, la moglie scrittrice di Roberto Longhi. Il Novecento l'attendeva, dandole il più ampio credito, artistico e umano. Il 26 novembre 1612, il giorno dopo la fine del processo, Artemisia si sposa con Pierantonio Stiattesi, modesto pittore, con la benedizione del padre Orazio. Si trasferisce così a Firenze, lontana dal padre e dal passato drammatico. Grazie allo zio Aurelio Lomi entra nella corte di Cosimo II de' Medici, dove ha rapporti con Galileo Galilei e Michelangelo Buonarroti il giovane, nipote del grande artista. Fu Michelangelo a introdurla nel mondo fiorentino e a commissionarle, per casa Buonarroti, la luminosa Allegoria della inclinazione, databile al 1616, l'anno in cui Artemisia fu ammessa all'Accademia del disegno.

Dopo questo soggiorno, anche per le difficoltà con il marito, Artemisia ritorna a Roma nel 1620, e si ritrova nel fertile ambiente del caravaggismo, vedendo Simon Vouet, Valentin de Boulogne, Ter Brugghen, Ribera, Massimo Stanzione, Bartolomeo Manfredi, lo Spadarino, Michel Tournier, Bartolomeo Cavarozzi, con i quali si misura alla pari. Le sue opere documentano una ossessiva rievocazione della violenza, sia nell'esaltazione di eroine come Giuditta, sia nella identificazione con le vittime, cui attribuisce il proprio volto turbato, disturbato, umiliato: Caterina, Lucrezia, Cleopatra. La sua fama cresce, e la troviamo tra il 1627-30 a Venezia. La sua maggior fortuna è a Napoli, a partire dal 1630. Qui trova, insieme ai pittori già conosciuti a Roma, anche Domenichino e Giovanni Lanfranco. Collabora con Massimo Stanzione e dipinge, tra 1636 e 1637, tre grandi tele per la cattedrale di Pozzuoli, soggetti religiosi che si affiancano alle eroine femminili Giuditta, Susanna, Betsabea e Maddalena. Nel 1638 è a Londra presso la corte di Carlo I, dove ritrova il padre Orazio diventato pittore di corte, ammiratissimo. Con il padre, Carlo I voleva anche la figlia, la cui fama lo aveva indotto ad acquistare l'Autoritratto in veste di pittura.

Nel 1642 Artemisia lascia l'Inghilterra e torna a Napoli, dove continua a dipingere con crescente solennità (Susanna e i vecchioni oggi a Brno, del 1649, e Madonna col bambino e il rosario all'Escorial, del 1651), e dove muore nel 1653.

Il thriller di McKinty incatena alla pagina (e alla paura)

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Lo scrittore irlandese era allo sbando. Ma aveva un fan d'eccezione: Don Winslow. E il nuovo libro è un capolavoro

Per parlare di The Chain il nuovo, straordinario thriller di Adrian McKinty, pubblicato in Italia da Longanesi (pagg. 352, euro 19,50, traduzione di Alberto Pezzotta), dobbiamo partire da lontano. Perché solo così, potremo capire come l'autore sia riuscito a vedere sugli scaffali delle librerie questo suo romanzo che oggi sta scalando le classifiche di mezzo mondo.

McKinty è nato a Belfast, ha studiato legge all'università di Warwick e filosofia a quella di Oxford, per poi vivere a New York. Nel 2008 si è trasferito a Melbourne in Australia divenendo scrittore a tempo pieno, abbandonando il lavoro di insegnante di college, grazie al notevole successo del suo romanzo d'esordio, lo splendido Dead I Well May Be, pubblicato da Scribner, un noir durissimo ambientato a New York che racconta la guerra fra bande di immigrati irlandesi. Protagonista di quella storia è Michael Forsythe che ha abbandonato Belfast durante gli anni del Conflitto Nordirlandese e che si ritrova al soldo di Darkey White, boss di una gang locale, facendo l'errore di innamorarsi della sua donna. In quello che si rivelerà un romanzo fortunato, finalista di numerosi premi, incontriamo per la prima volta il marchio di fabbrica di Adrian McKinty: una scrittura dark e lirica insieme, sporca, maledetta, dritta come un fuso, che non lesina affatto sulle sequenze d'azione e su esplosioni di violenza grafica che rimandano a un certo cinema d'autore, penso per esempio a un film come A Prayer for the Dying di Mike Hodges con Michey Rourke e Liam Neeson, tratto peraltro da uno splendido romanzo di Jack Higgins o a Trespass di Walter Hill con Bill Paxton scritto da Bob Gale e Robert Zemeckis.

Quel romanzo, pubblicato anche in italiano da Rizzoli, con il titolo Ballata irlandese, ottiene riscontri talmente buoni da fare in modo che McKinty possa scriverne altri due con il medesimo protagonista, firmando quella che diverrà la trilogia di Michael Forsithe, più una seconda trilogia e una messe di romanzi autoconclusivi, fra i quali voglio citare perlomeno l'affascinante 50 Grand, una storia di vendetta da brividi, che personalmente ho adorato e spero possa essere presto pubblicato in Italia. Arriva anche una lunga e entusiasmante serie hard boiled, ambientata a Belfast durante gli anni dei Troubles con protagonista il detective Sean Duffy che frutta all'autore riconoscimenti prestigiosi e traduzioni in parecchie lingue. Succede però che, pur vincendo tutti i più importanti premi americani dedicati al genere crime l'Edgar, l'Anthony, il Barry e il più significativo in Australia il Ned Kelly e nonostante divenga critico per alcuni dei più importanti quotidiani del globo Herald, Washington Post, Irish Times - la fortuna commerciale dell'autore vada sbiadendo. La critica lo osanna ma purtroppo il genere scelto, la mancanza di promozione, e più in generale le mille difficoltà di un mercato editoriale sempre più asfittico, condannano McKinty a diventare un autore di culto che tuttavia non riesce a vivere di scrittura, al punto che per arrotondare è costretto a lavorare part time e infine, in un gioco di specchi, a trasformare la scrittura in un lavoro saltuario, rispetto a quello che porta il pane in tavola. Sfrattato dalla casa in affitto, diventa autista di Uber e cameriere in un locale. Sul suo blog, nel 2017, dichiara infine di aver abbandonato la scrittura.

Succede però che un suo lettore appassionato, Don Winslow, nell'apprendere una simile notizia, decida di spedire alcune copie dei suoi libri al proprio agente, lo sceneggiatore e produttore cinematografico Shane Salerno. Il re americano della crime fiction decide poi di telefonare a McKinty, chiedendogli di non mollare, perché lui vuole leggere il suo prossimo romanzo. Nel frattempo Salerno, a sua volta entusiasta di quel che legge, si procura il numero di telefono di McKinty e lo chiama. In Australia è mezzanotte. Gli chiede se sta scrivendo qualcosa perché gli piacerebbe poterlo rappresentare come agente, vendendo una sua storia americana. McKinty dice di avere un buon romanzo in mente ma che per poterlo scrivere deve prima rimettere in sesto le proprie finanze. Salerno gli chiede di cosa parla e McKinty gli racconta di una storia che aveva letto quando si trovava a Città del Messico a proposito degli «scambi di sequestrati»: rapivano una persona e mentre si raccoglieva la somma per il riscatto un altro membro della stessa famiglia si offriva di prendere il suo posto. E questa storia terribile, McKinty sta pensando di combinarla con le catene di Sant'Antonio che si scrivevano per lettera negli anni '70 e '80 nell'Irlanda del Nord a Carrickfergus dove è cresciuto, quando era ragazzino. Erano lettere di minaccia e chi le riceveva doveva farne un certo numero di copie e spedirle, altrimenti un suo familiare sarebbe morto. Salerno è entusiasta del concept, gli raccomanda di ambientare tutto in America e che aspetta il manoscritto ma McKinty ribadisce che non ha nemmeno i soldi per arrivare a fine mese. E allora Salerno gli propone di versargli quel giorno stesso diecimila dollari sul conto corrente, affinché possa dedicare i tre mesi successivi alla scrittura. I soldi arrivano come promesso e McKinty si mette alla scrivania. Nell'arco di una notte butta giù le prime trenta pagine e le manda via mail all'agente. Salerno richiama dicendo che sono davvero buone e ora ne servono altre trecento. Completato il lavoro, McKinty invia il manoscritto. Pochi giorni dopo riceve un'altra telefonata da Shane Salerno: il romanzo è stato venduto in un contratto a sei cifre a Mulholland Books, etichetta di Little Brown, e Paramount ha comprato i diritti cinematografici per farne un film. Nelle settimane seguenti, The Chain verrà venduto in 31 Paesi nel mondo. Quando viene pubblicato, il romanzo schizza nella Top Ten del New York Times in America e del Sunday Times in Inghilterra: Adrian McKinty è fuori dal tunnel.

Fin qui, dunque, l'incredibile storia di un romanziere di talento, salvato dalla stima di un autore di grande successo come Don Winslow e da un agente letterario formidabile. Ma cosa ci farà amare perdutamente The Chain, il thriller in uscita in questi giorni per Longanesi?

Anzitutto, il meccanismo terrificante alla base della storia che non rivelerò ma che intuirete immediatamente dalle prime pagine. È qualcosa di talmente perverso e inquietante da lasciare senza fiato, tanto più perché accade nella vita di una persona normale, una come tante, non un detective tutto d'un pezzo, un investigatore con un fenomenale talento per le indagini o un poliziotto tutto azione, intuizioni e muscoli. No, niente di tutto questo: Rachel Klein è una donna assolutamente normale, madre di famiglia, divorziata. E deve affrontare una situazione agghiacciante con le sue sole forze. Questa è la prima, geniale caratteristica di questo thriller straordinario. C'è poi un ritmo narrativo davvero mozzafiato, che non lascia tregua, non offre momenti di pausa. McKinty sembra avere scritto il romanzo in apnea, che è l'esatta sensazione provata dal lettore quando affronta le pagine, al punto che è stato proprio Stephen King a dire che si tratta di un romanzo: «Spaventoso, travolgente, originale!». Difficile dar torto a un maestro. La tensione non si abbassa. Mai. La scrittura di McKinty non concede nulla al virtuosismo o all'autocompiacimento, la sua prosa è limpida ed efficace ed è proprio in questa lucida essenzialità la sua grandezza. I personaggi, lungi dall'essere macchiettistici o figli di certi stereotipi, sono reali, pieni di dubbi e contraddizioni, sinceramente e profondamente umani come devono essere in un grande romanzo. Sono messi alla prova, cambiano e si adattano per sopravvivere, compiono scelte dolorose, terrificanti ma in questo sta la magia di una storia straordinaria come questa e la sua allucinante, adrenalinica bellezza. Non c'è nulla che suoni falso o artefatto, tutto è assolutamente plausibile, probabile, verosimile ed è esattamente questo a spaventarci. È nel «potrebbe capitare anche a noi» che questo romanzo non solo vince ma stravince, rivelandosi un'esperienza drammaticamente possibile anche se, ovviamente, non augurabile a nessuno ed è questo a fare davvero paura.

In questo sta anche la forza dell'invenzione: essere riuscito a creare un meccanismo narrativo e una trama finalmente originale che si discosta in pieno da tutto quello che avete letto finora. In un certo senso McKinty ridisegna completamente i confini del thriller e lo traghetta direttamente nel terzo millennio al punto che, dopo questo romanzo, sembrano aprirsi nuove frontiere per questo tipo di letteratura, proprio come riuscì a Stephen King con capolavori come It o Cujo. In questo, credo, sta la grandezza di un romanziere: nel saper affrontare un certo tipo di letteratura per rifondarla completamente. McKinty è da sempre un grande autore ma in questa sua storia riesce a dare il meglio di sé, come accadde in Dead I Well May Be, e forse proprio la situazione estrema nella quale si è trovato gli ha consentito di firmare la sua storia più bella e quella che lo ha consacrato a nuova star mondiale del thriller.

"All'inizio pensavo fosse di serie B. Poi capii che era un grande artista"

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Il «suo» regista d'elezione: «Carlo subì una forma di razzismo»

Era l'attore preferito di Pupi Avati, Carlo Delle Piane. Ed è stato proprio il regista bolognese, ora sugli schermi col film Il signor Diavolo, a farlo tornare sul set nel 1977, dopo una lunga pausa. E, come sempre accade per i personaggi scelti da Avati, amante dei ribaltamenti di ruolo, per l'interprete fu una memorabile svolta: da caratterista a protagonista.

Com'è stato il suo primo incontro con Delle Piane, amico prima che suo attore-feticcio?

«Naturalmente, è stata una sorta di scommessa. Dovuta a mio fratello Antonio (produttore dei film di Avati, ndr), che già conosceva Carlo. Io, invece, non lo volevo».

Perché non lo voleva?

«Con un po' di razzismo, pensavo fosse precipitato in un cinema di serie B. Mio fratello, conoscendolo, mi convinse che Carlo fosse meritevole d'una chance. Così, un giorno, me lo fece trovare già in costume. Con un impermeabile alla Bogart e il cappello floscio... Crollarono i miei pregiudizi: mi misi a ridere. E quando ridi, significa che funziona. Decisi che lo avremmo imbarcato in Tutti defunti... tranne i morti».

Qual è il film della vita di Carlo Delle Piane, col quale lei ha girato una quindicina di film?

«Senz'altro Una gita scolastica, diretto da me. È il film della sua vita: grazie ad esso scoprì d'avere quella vena drammatica, che l'ha lanciato come protagonista di valore. Era un attore capace di mettersi sulle spalle un film».

Esiste una forma di razzismo, nel cinema, verso alcuni personaggi?

«C'era una forma di razzismo, molto diffuso, nei confronti di Carlo. Anche da parte dei distributori. A volte, abbiamo dovuto occultarne la presenza nel cast. L'ambiente non lo ha mai accettato. Solo perché aveva il naso storto e gli occhi sbarrati. Tutta questa generosità nel cinema popolare, finita l'epoca d'oro di Totò, De Sica e Sordi, non esiste. È doloroso, ma è così. E sono molto riconoscente a Ermanno Olmi, grande regista che lo incluse in un episodio del film Tickets».

Negli ultimi giorni vi siete visti?

«Sono andato a trovarlo con mio fratello Antonio. Era provato. Mio fratello sostiene che non capisse più quanto gli veniva detto. Però, quando Antonio gli ha detto: Guarda che Pupi ti sta scrivendo un personaggio, lui ha fatto un sorriso. È la cosa più bella che puoi dire a un attore, che stai scrivendo qualcosa per lui».

Il pubblico lo amava, l'ambiente del cinema meno. È la stessa spaccatura tra popolo e governanti...

«Il pubblico, infatti, amava l'artista, che invece era escluso da queste lobby di supponenti».

Una maschera che indossava se stesso con classe

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Con quella faccia, poteva dire (e fare) ciò che voleva. Che avesse a fianco un monumento come Totò o una monumentale bella femmina come Tiziana Pini, il re dei trasformisti Alberto Sordi o il reuccio dei caratteristi Nik Novecento. Bastava far presenza, a Carlo Delle Piane, per dare spettacolo. La sua faccia lo era già da sola, uno spettacolo: occhioni sgranati e pungenti, da camaleonte, naso da pugile, rotto a tutte le esperienze. Poi, come perfetto corollario, quel fisico smilzo da secondo dopoguerra, degli anni cui risalgono le sue prime apparizioni al cinema, i tempi di una fame di vita mai saziata, e quelle gambette fragili e la camminata sghemba da anonimo uomo della strada. In più ci si mettevano la voce nasale figlia del suddetto naso, e quel modo di parlare sincopato, che fosse imbarazzato o agitato, che stesse fingendo (vedi il gelido avvocato Santelia, il baro di Regalo di Natale) o che stesse tremando come una foglia di fronte a un amore impossibile (vedi il tenero professor Carlo Balla di Una gita scolastica). La vita lo aveva reso una maschera, lui aveva aggiunto il volto, espressivo anche quando, avendo come punto di riferimento dichiarato l'asciuttezza e l'arte di sottrarre del grande Buster Keaton, tendeva a negare l'evidenza del ruolo, quasi a schermirsi, a stare sulla difensiva. Diceva Ennio Flaiano che «chi ha carattere ha un brutto carattere». Considerato dai superficiali un semplice caratterista, Carlo Delle Piane smentiva il proprio aspetto dimesso e di carattere ne aveva da vendere. Faccia che non si dimentica, non era un uomo double face. Nel cinema e altrove, spesso è un difetto.

Vuillard, lo scrittore che scava nella Storia

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Il premio Goncourt racconta Müntzer e l'eterna guerra tra uomo comune ed élite

La Rivoluzione e la Reazione. Un uomo, un giorno, chiede uguaglianza e libertà. Altri uomini si uniscono alla causa. Ogni idea, anche la migliore, se condotta alle estreme conseguenze produce violenza. L'uomo giusto diventa un fanatico, a volte per insondabili tormenti interiori che infine esplodono. L'esasperazione conduce allo scontro. L'uomo giusto, per sovvertire l'ordine delle cose, si macchia di crimini orrendi. La reazione dei potenti non si fa attendere. Anche i potenti passano dalla restaurazione della legalità alla feroce repressione. Sangue chiama sangue. La lotta finisce. Fino a quando un altro uomo, un giorno, chiederà uguaglianza e libertà, risvegliando lo spirito della Rivoluzione e della Reazione.

Questo è il punto di vista di Éric Vuillard ne La guerra dei poveri (traduzione di Alberto Bracci Testasecca, edizioni e/o, pagg. 83, euro 9, in libreria dal 28 agosto). Vuillard ha vinto nel 2017 il Premio Goncourt con L'ordine del giorno (edizioni e/o), un esperimento coronato da successo: romanzare l'Anschluss senza personaggi di finzione, e addirittura senza un protagonista. La forza del libro è nello stile «ussaro» di Vuillard, in continuità non ideologica ma letteraria con il non-movimento apertamente reazionario di Roger Nimier, Jacques Laurent e Michel Déon. Il libro è tutto al presente indicativo per immergere totalmente il lettore nelle vicende. Un po' come al cinema quando il film è davvero bello. Ne L'ordine del giorno, Vuillard suggeriva inediti e provocatori accostamenti col presente, lasciando però al lettore la libertà di interpretarli. Gli stessi industriali, finanzieri e banchieri che un tempo coprirono Hitler di soldi, oggi tifano per l'immigrazione selvaggia. Come mai? Domanda interessante. Non sarà per avere manodopera a basso costo (schiavi senza lager)? Non sarà per abbattere le conquiste dei lavoratori occidentali?

La guerra dei poveri riprende il discorso sulla Storia. Questa volta però siamo nella Germania del predicatore Thomas Müntzer (1490-1525). Il prete, avido lettore della Bibbia, trova nei testi sacri una dottrina sociale in favore dei poveri e degli emarginati. Il suo seguito cresce come il suo progressivo fanatismo. Tutto è di tutti. I tiranni vanno abbattuti. Si firma «Il distruttore degli empi». Scoppiano disordini spontanei, che raggiungono anche l'Alto Adige. I nobili reagiscono e, dopo una serie di batoste, vincono la battaglia di Frankenhausen, combattuta il 14-15 maggio 1525, nella contea di Schwarzburg. Secondo la leggenda, Müntzer ottiene una morte poco onorevole. Fugge da Frankenhausen, si nasconde, viene scoperto e decapitato. La guerra dei poveri è finita ma Müntzer non è stato il primo e non sarà l'ultimo a guidare il popolo contro le élites. Vuillard ci porta nella Inghilterra del Medioevo dove sono accaduti fatti del tutto simili anche se meno noti.

La storia si ripete ma ogni volta aggiunge qualche dettaglio. La guerra dei poveri è emblematica per due motivi. Müntzer, attraverso la religione, passa dal sacro al politico. La protesta si intreccia alla storia della parola scritta. Müntzer chiede di tradurre la Bibbia e dire messa in tedesco, incontrando l'opposizione del Papa. Ma pochi anni prima è successo un fatto straordinario: il signor Gutenberg, orafo e tipografo, si è inventato la stampa moderna. Un formidabile strumento di distribuzione per la Bibbia in tedesco di Lutero, che inizia a lavorare alla traduzione proprio mentre Müntzer si mette alla testa dell'esercito di contadini. Tra parentesi, un documento poco conosciuto nella storia del Cristianesimo è il Libellus ad Leonem X (1513, quattro anni prima delle 95 tesi di Lutero). Autori, due monaci camaldolesi provenienti da Venezia, Paolo Giustiniani e Pietro Querini. Contenuto: una riforma della Chiesa, che prevedeva la traduzione della Bibbia nelle lingue volgari. Il Papa fece finta di nulla. Se avesse prestato ascolto, forse non ci sarebbe stata la Riforma luterana (e neanche Müntzer).

La guerra dei poveri, in Francia, è stato letto alla luce dell'attualità. La rivolta dell'uomo comune sarebbe paragonabile ai disordini scatenati dai gilet gialli. I lettori poi si sono divisi: per alcuni, Vuillard è troppo ideologico e interpreta la storia secondo la vecchia categoria della lotta di classe; per altri, rispecchia un desiderio di giustizia sociale connaturato all'uomo. Come stanno le cose?

Il libro non è a tema ma mette nel piatto molti temi. Nel mare di romanzi inutili o perfino dannosi per l'intelligenza, è un'isola del tesoro. La Rivoluzione e la Reazione sono facce diverse della stessa medaglia, l'ossessione per la violenza? La Rivoluzione è stata «giacobina» fin dalla notte dei tempi? La Reazione è sempre stata repressione pura e semplice? La religione, trasformata in rivendicazione politica, conduce irrimediabilmente al fanatismo? Le nostre idee, all'apparenza razionali, nascono anche per motivazioni irrazionali e insondabili? E, per venire all'oggi: ha senso dividere il mondo in destra e sinistra? I gilet gialli, evocati da molti recensori francesi, sono di destra o di sinistra? Chi parla di lavoro e non di baggianate politicamente corrette, la destra o la sinistra? A ciascuno le sue risposte ma è importante che ci sia uno scrittore che pone vere domande.


Heidi Klum stile "nature" su Instagram: lo scatto in topless indigna

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L'ex top model Heidi Klum, grazie alla sua ammaliante bellezza, continua ad attirare l'attenzione su di sé. La Klum ha postato una foto sul suo profilo Instagram in cui si mostra in versione "nature", un tolpess erotico che ha suscitato reazioni di disapprovazione da parte dei fan

L'ex top model tedesca, Heidi Klum, nonostante l'avanzare dell'età, preserva una bellezza prorompente e ricercata. La supermodella, sfruttando i canali social, ha postato uno scatto in topless che ha creato clamore. La Klum raggiunse un enorme successo nel corso degli anni '90 nel campo della moda internazionale, durante i quali assurse al rango di top model, sfilando per stilisti e brand di alto livello. Oggi, dopo la fase calante dovuta a fattori fisiologici, l'ammaliante stilista continua a rimanere sulla cresta dell'onda, continuando a riscuotere consenso, sia grazie alla fama guadagnata in passato sul piano mondiale che per le sue doti naturali fuori dal comune. L'avvento dell'era di internet e dei social network ha favorito la Klum nella conservazione della sua popolarità, riuscendo ancora a catalizzare l'attenzione e l'ammirazione di migliaia di follower.

Heifi Klum ha pubblicato, ultimamente, sul suo profilo ufficiale Instagram una foto, con sfondo retrò, in cui appare disinibita in versione "nature". L'avvenente modella ha scelto di mostrasi semi nuda, con il suo seno prosperoso in primo piano. La Klum ha aggiunto a corredo della foto erotica, un messaggio semplice e al contempo evocativo: "Tutto ciò che vedo è acqua". Il post della stilista tedesca ha provocato le reazioni più disparate, soprattutto quelle polemiche, scatenando lo sdegno di numerosi hater. Certamente, i cosidetti vip sono consapevoli che il successo presenta anche risvolti spaicevoli, come quello di dover assistere alle critiche e ai pettegolezzi velenosi e sovente meschini. La foto in topless della Klum ha sollevato un vespaio di critiche e attacchi gratuti. Un follower, connazionale dell'affascinante modella, ha così commentato il post hard: "Più sei vecchia nel mondo dello spettacolo, più devi fare e mostrare per far continuare a parlare di te anche se è una donna bellissima, trovo che sia esagerata. Questo obbligo di mostrarsi giovane e perfetta è quasi perverso. A ciascuno il suo, ma non vorrei essere nei panni dei tuoi figli quando gli altri bambini a scuola gli parleranno alle spalle. Penso che da madre puoi fare foto sexy ma non devi caricarle su Internet".

Gli utenti del social, in maggioranza, esprimono un giudizio di condanna e di "disgusto" rispetto alla decisione dell'ex top model di esibirsi in versione adamitica. Gli aggettivi utilizzati dai follower sono in gran parte di tale tenore: "Imbarazzante", "vergognosa", "orripilante" , o altri commenti del tipo: "Hai esagerato dovevi pensare ai tuoi figli". Un altro hater ha scritto: "Pensa quanto imbarazzo per i tuoi figli, dico solo due parole: bullismo e compagni di classe! Nessuna donna dovrebbe andare in giro sempre nuda quando è sulla scena pubblica, soprattutto se ha 4 figli in età adolescenziale". "Perché ti mostri così quando hai figli e sei sposata? E' semplicemente ripugnante e incomprensibile, - inveisce un altro utente - . Stai disperatamente cercando attenzioni. Per favore, mostra rispetto per te e i tuoi bambini".

Malgrado i numerosi commenti denigratori lanciati all'indirizzo di Heidi Klum, sono comparsi anche sporadici messaggi scritti in difesa della loro diva. "Ma in che tipo di società viviamo se le altre persone ti dicono cosa sia giusto o sbagliato fare? Le piace mostrarsi, e allora? I suoi figli l'avranno già vista nuda o comunque lo faranno. Dov'è lo scandalo? L'unica cosa che emerge in queste foto è che hanno una mamma meravigliosa e che ognuno ha il diritto di essere come vuole", ha commentato con veemenza una follower donna. Al di là delle critiche al vetriolo che assediano con insistenza la stupenda ex top model di fama mondiale Heidi Klum, quest'ultima sta vivendo la fase felice post matrimonio. La stilista, infatti, è convolata a nozze qualche mese fa, sposandosi con Tom Kaulitz, componente della band musicale dei Tokio Hotel, ed oggi la coppia vive a Manhattan nel cuore di New York. D'altronde, il sentimento d'amore cancella ogni genere di asprezza e malcontento.

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All I see is WATER

Un post condiviso da Heidi Klum (@heidiklum) in data: 18 Ago 2019 alle ore 3:05 PDT

Belen e Stefano si scambiano coccole a La notte della Taranta e il pubblico non approva

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I due ritrovati coniugi hanno condotto il festival itinerante della musica popolare made in Salento. Ma la loro conduzione ha diviso l'opinione del web

Lo scorso 24 agosto è stato trasmesso uno degli eventi di musica popolare più importanti d'Europa, parliamo de La notte della taranta. Un festival itinerante volto ad omaggiare la cultura salentina e le contaminazioni che confluiscono nella musica popolare tipica del Salento. L'evento, registratosi in Puglia, è stato condotto da Belen Rodriguez e Stefano De Martino.

I genitori di Santiago sono stati fortemente voluti all'evento salentino dal direttore di Rai 2, Carlo Freccero, il quale li ha ingaggiati anche al timone del Festival di Castrocaro, che verrà trasmesso il 3 settembre sempre sulla stessa rete. Nel corso de La notte della Taranta, Belen e Stefano si sono scambiati sguardi di complicità, carezze, coccole, insomma piccoli gesti d'amore che segnano la ritrovata armonia di coppia e che, tuttavia, sembrano proprio non essere piaciuti al grande pubblico.

Belen e Stefano criticati durante La notte della taranta

La conduzione della coppia a La notte della Taranta nel complesso non ha convinto gli internauti, che si sono scatenati sui social. "Come rovinare La notte della taranta? - si legge, infatti, in uno dei commenti critici pubblicati su Twitter e rivolti alla showgirl argentina e all'ex ballerino di Amici - Ingaggiando Belen Rodriguez e Stefano De Martino. Che c’azzeccano? Non se ne sentiva il bisogno. Peccato". Un altro utente commenta la coppia così: "Ma allora è vero! La notte della taranta presentata da Belen e Stefano de Martino! Come distruggere la cultura musicale popolare! C'era proprio bisogno di questi due!??? Inutile".

Ma oltre alle classiche e molteplici critiche giunte su La Notte della Taranta, sui social si leggono anche parole in favore di Belencita: "Non sarà la Clerici o la Ventura, ma a me sembra che Belen ce la stia mettendo tutta. Troppe critiche, a volte immeritate".

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Biagio D'Anelli e Jessica Mazzoli sono fidanzati?

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Dopo la tormentata relazione con il cantante Morgan, Jessica Mazzoli ritrova la serenità con l'opinionista e dj Biagio D'Anelli, con il quale sta trascorrendo una vacanza in Puglia

Da diverse settimane circola la voce su una presunta relazione tra due ex gieffini. Jessica Mazzoli e Biagio D'Anelli, infatti, farebbero coppia fissa da ormai diverso tempo e sui social non fanno nulla per nascondere questo amore appena sbocciato.

La ragazza ha alle spalle una travagliata relazione con il cantante Morgan, dal quale ha avuto una bambina. Tra i due fino a pochi mesi fa c'era un forte clima d'astio, come raccontato da Jessica Mazzoli in alcune apparizioni nei salotti di Canale5. La cantante sarda è poi entrata nella casa del Grande Fratello 16 ma la sua esperienza nel reality è durata poche settimane a causa di un attacco di appendicite, che l'ha costretta ad abbandonare il gioco per potersi operare e, quindi, curare.

La vicenda dello sfratto di Morgan pare abbia riavvicinato i due, tanto che nel giorno dell'esecuzione prevista Jessica si è recata con sua figlia presso l'abitazione di Monza del cantante per fornire il suo supporto. È diversa la storia sentimentale di Biagio D'Anelli, che negli ultimi mesi è stato impegnato in uno stringente corteggiamento nei confronti di Flavia Vento. La simpatia tra i due è nata negli studi Mediaset, dove l'opinionista è stato ammaliato dalla bellezza eterea della donna. Nonostante il lunghissimo corteggiamento, D'Anelli e la Vento non si sono mai fidanzati per la reticenza della donna a fidarsi del dj, da lei considerato troppo farfallone.

Jessica Mazzoli e Biagio D'Anelli pare si siano incontrati poco più di un mese fa e da allora sarebbero inseparabili. La prima foto di coppia condivisa nel profilo del dj è di poche ore fa e li ritrae a cavallo, mano nella mano, durante un'escursione serale a Rodi Garganico, terra di Biagio D'Anelli. “Chiedimi di mostrarti poesia in movimento, e ti mostrerò un cavallo”, ha scritto il dj, con la menzione a Jessica Mazzoli con tanto di cuore rosso. Qualche immagine era già comparsa nelle storie del ragazzo, che da qualche settimana condivide video in compagnia della cantante. Lei, invece, nel suo profilo non ha ancora reso pubblica questa frequentazione, se non con qualche storia temporanea e condividendo snelle sue quelle pubblicate da Biagio D'Anelli. Sarà amore o è solo una passione estiva?

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Un post condiviso da Biagio D'anelli (@biagiodanelli) in data: 24 Ago 2019 alle ore 12:04 PDT

Elisabetta Gregoraci mostra le sue forme esplosive

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L'ex moglie di Flavio Briatore, Elisabetta Gregoraci, si trova attualmente in Costiera Amalfitana. Il suo ultimo scatto osé ha mandato in delirio i fan

La presenza di Elisabetta Gregoraci a Nerano, Costiera Amalfitana, non è passata inosservata. Non solo per la serata che ha passato insieme a Flavio Briatore nella taverna Anema e Core di Capri ma anche per la sua estrema bellezza ed eleganza. La Gregoraci ha fatto sfoggio di tutto il suo fascino, incantando i fortunati che hanno avuto il privilegio di incontrarla e magari farsi anche una foto insieme. Prova del suo fascino sono proprio gli ultimi scatti pubblicati sul suo profilo Instagram, in particolare l'ultimo che la vede indossare un vestaglia semiaperta che lascia intravedere le forme del seno.

La foto ha attirato, come previsto, centinaia di commenti positivi e d'ammirazione. "Sei la classe e la bellezza infinita....ti stimo e ti ammiro molto stupenda Elisabetta...soddisfatta di averti conosciuta!", scrive una sua fan. "Bella, solare, spigliata. Stai dando un grosso schiaffo (morale) a tutti quelli che ti hanno sempre etichettato come una raccomandata", scrive un altro.

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Un post condiviso da Elisabetta Gregoraci (@elisabettagregoracireal) in data: 24 Ago 2019 alle ore 2:31 PDT

"I principi sono bugiardi": l'ultima pillola di Giulia De Lellis non convince

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La web influencer ha condiviso una nuova anticipazione del suo libro dal titolo "Le corna stanno bene su tutto". Ma l'opera sembra già non convincere del tutto

I suoi fedeli sostenitori si dicono già in trepidante attesa, in vista dell'uscita del suo discusso libro sulle corna dal titolo "Le corna stanno bene su tutto (ma io stavo meglio senza)". Parliamo di Giulia De Lellis e il prossimo 17 settembre uscirà il suo primo libro, co-scritto con la collaborazione speciale di Stella Pulpo, l'autrice a cui l'ex corteggiatrice del dating-show di Maria De Filippi avrebbe spifferato dei curiosi dettagli sui tradimenti subiti dall'ex Damante. E diverse ore fa la De Lellis ha condiviso su Instagram una foto, a corredo della quale ha riportato una descrizione sibillina, che potrebbe rivelarsi l'incipit del suo libro in arrivo: "Benvenuta Giulia, nel mondo dei grandi, dove la realtà rompe le favole, dove i principi sono bugiardi e le principesse sono cornute! – Cit. Le corna stanno bene su tutto (Lo sapete che ho scritto un libro?!)". Ma c'è chi, tuttavia, sembra proprio non approvare la pubblicazione della sua prima opera scritta.

Giulia De Lellis criticata come autrice

L'ultima anticipazione riportata in rete dall'ex volto di Uomini e donne, Giulia De Lellis, ha diviso letteralmente a metà l'opinione del web. Da una parte c'è chi si dice impaziente di leggere il libro in arrivo dell'influencer e dall'altra c'è chi, invece, critica fortemente l'ex di Damante. "Ma lo sai che non l'hai scritto tu il libro?", si legge infatti tra le molteplici critiche giunte sotto l'ultimo post di Giulia. E ancora: "Il problema non è che hai scritto un libro... Il problema è che ci sono quei poveri dementi che lo leggeranno...".

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“ Benvenuta Giulia, nel mondo dei grandi, dove la realtà rompe le favole, dove i principi sono bugiardi e le principesse sono cornute ! “ Cit. Le corna stanno bene su tutto ( Lo sapete che ho scritto un libro ?! ) #GDL#LCSBST#maiostavomegliosenza#pensavo

Un post condiviso da Giulia (@giuliadelellis103) in data: 24 Ago 2019 alle ore 8:13 PDT

Il G7 delle First Lady

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Il fine settimana del G7 ha visto protagonisti i leader mondiali, ma anche il "gentil sesso" ha fatto molto parlare

Al G7 di Biarritz dove i maggiori capi di Stato sono presenti per decidere punti fondamentali per la crescita e la cooperazione tra i vari Stati, molto si sta parlando di politica, di dazi e dell’incendio dell’Amazonia, ma anche altri "temi" hanno attirato l'interesse della stampa e dei lettori.

Nonostante sul tavolo delle trattative sia presente solo Angela Merkel, le donne, o meglio le “first lady” hanno attirato molto l’attenzione di tutti, suscitando curiosità per i loro look e il loro bon ton. Lasciando fuori dai giochi proprio la Merkel, il cui look rigido ha variazioni solo sul colore delle giacche che indossa, l’attenzione è tutta su Melania Trump e Brigitte Macron. Le due si mormora siano molto amiche e - a detta di Donald Trump - le coppie si sono viste spesso lontane dagli impegni lavorativi.

Commettendo qualche pecca di protocollo Brigitte, infatti, ha abbracciato e stretto forte le mani di Melania proprio come se fosse una vecchia amica. Anche Trump scendendo dall’aereo invece di passare in rassegna il picchetto d’onore ha lasciato il tappeto rosso guardando ovunque tranne dove avrebbe dovuto.

Tornando alle first lady molti sono stati i cambi di look che hanno scelto le due, con un’unica costante, la scelta di stilisti prevalentemente del proprio Paese. Per il viaggio aereo, Melania ha optato per un paio di jeans bianchi di Calvin Klein con una giacca stile Chanel e delle ballerine bianche. Ma per il suo arrivo si è cambiata indossando un abito di Calvin Klein delavè giallo con “macchie” rosa e stiletti rosa, rigorosamente tacco 12, Lauboutin.

Brigitte ha scelto invece per il suo arrivo al G7 un elegante paio di scarpe da ginnastica bianche di Louis Vuitton, che avevano un po’ di rialzo vista la sua piccola statura. Di Louis Vuitton anche il blazer a strisce blu, bianche e rosse realizzato su misura per lei, e jeans blu. Per il benvenuto ai partecipanti, la First Lady Francese si è presentata con un vestito color crema a maniche lunghe, un colore molto simile a quello scelto da Melania che indossava un vestito di Gucci (Melania adora i nostri stilisti) a pieghe e stiletti Lauboutin color crema. Vista la differenza di altezza, è stata notata una piccola astuzia da parte di Brigitte, che per parlare con Melania è salita su un gradino che divideva il prato dal mattonato.

Dopo le varie cene di gala, le signore hanno lasciato al lavoro i loro mariti e Brigitte ha guidato tutte le first lady in un piccolo tour nel tradizionale villaggio basco vicino alla vetta di Biarritz. Tra tutte si è notata l'assenza di Carrrie Symonds, la fidanzata del primo ministro inglese Boris Johnson rimasta nel Regno Unito a quanto pare per problemi di lavoro.

Il sindaco del piccolo villaggio di Espelette, ha avuto il grande onore di accompagnare tutte le signore in una piccola visita che comprendeva anche la degustazione di alcuni vini con un esperto. Secondo alcune indiscrezioni, Melania Trump aveva già esplorato il paese a giugno per prepararsi al tour culturale e gastronomico del piccolo villaggio a 20 miglia ai piedi dei Pirenei.

Questa zona è famosa per i suoi peperoni rossi secchi chiamati Pimentel d'Espelette, che sono stati usati anche nella cena di gala. Dopo il pranzo a Villa Arnaga, il piccolo gruppo seguito passo per passo dai fotografi, si è recato ad una panetteria per poi tornare dai rispettivi coniugi. Alla piccola gita hanno partecipato Akie Abe, moglie del primo ministro giapponese Shinzo Abe, la First Lady del Cile Cecilia Morel, Jenny Morrison, la moglie del primo ministro australiano Scott Morrison e Malgorzata Tusk, moglie del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk.

Sossio Aruta: "Grazie a te sono ancora vivo, sarà l'ultimo anno"

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Sossio Aruta, del Trono Over, lascia un messaggio prima del prossimo ingaggio da parte di una squadra di calcio

Sossio Aruta è sicuramente uno dei personaggio televisivo più celebre del trono Over di Uomini e Donne. Si è fatto notare all'interno del programma di Canale 5 per il suo temperamento e per le molteplici conoscenze e relazioni. Tra i tanti flirt avuti, uno si è concretizzato per davvero: quello con Ursula Bennardo. I due, infatti, hanno avuto il loro primo figlio insieme.

Ma Sossio nel programma di Maria De Filippi ne ha fatte di cotte e di crude, anche quando ha partecipato con la compagna a Temptation Island. Lasciate da parte le sue marachelle, andiamo su un punto ben preciso. Aruta, infatti, ha più volte espresso il desiderio di tornare a giocare a calcio per arrivare al traguardo di 400 goal in carriera.

Il desiderio, ora, si è avverato. Sossio, infatti, è stato preso dalla squadra del Grottaglie calcio e ad annunciarlo è stato proprio lui con grande soddisfazione tramite un post su Instagram: "THE FOOTBALL IS ANOTHER THING.. TI HO DONATO LA VITA ED OGGI GRAZIE A TE SONO ANCORA VIVO...GIOIE E DOLORI MA NON MI HAI MAI ABBANDONATO. MA CREDO CHE QUESTO SARA' L ULTIMO ANNO CHE TI RINCORRO ...MIA CARA PALLA.......E POI....SCARPE AL CHIODO. THE LION KING ......SOSSIO ARUTA.....19/12/1970".

Sossio Aruta si è guadagnato 25 anni di carriera calcistica, giocando per 20 squadre diverse e totalizzando un totale finora di 370 reti tra i professionisti dilettanti. Con il nuovo ingaggio, speriamo per lui, riesca a realizzare il suo sogno di arrivare a quota 400 prima di ritirarsi.

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THE FOOTBALL IS ANOTHER THING... TI HO DONATO LA VITA ED OGGI GRAZIE A TE SONO ANCORA VIVO...GIOIE E DOLORI MA NON MI HAI MAI ABBANDONATO MA CREDO CHE QUESTO SARA' L ULTIMO ANNO CHE TI RINCORRO ...MIA CARA PALLA.......E POI....SCARPE AL CHIODO. THE LION KING ......SOSSIO ARUTA.....19/12/1970......

Un post condiviso da Sossio Aruta (@sossioarutaofficial) in data: 24 Ago 2019 alle ore 2:26 PDT


"Ci credo che ti ha mollata". Ma Giulia Salemi non ci sta e risponde agli hater

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L'ex concorrente del Grande Fratello Vip ha sbugiardato un hater che in passato si palesava sostenitore della sua love-story con Francesco Monte

Dopo aver ufficializzato la rottura con il suo ex coinquilino al Grande Fratello Vip 3, Francesco Monte, Giulia Salemi è tornata al centro del gossip.

L'ex gieffina ha voluto condividere con i suoi follower alcune critiche, giunte in rete per lei da parte di chi fino a poco tempo fa la sosteneva a gran voce sui social. Il fenomeno dei leoni da tastiera non accenna ad arrestarsi, ma per la prima volta la Salemi ha deciso di rispondere prontamente ai suoi hater, sbugiardando in particolare un utente che l'ha supportata fino a quando non ha rotto con Francesco Monte.

"Ho i neuroni bruciati dopo questo video.[…] - queste ultime sono le parole critiche dell'hater, che Giulia Salemi ha deciso di condividere con i follower in una storia -. Non sei neanche simpatica. Ci credo che ti ha mollata". Nel suo messaggio rivolto all'ex gieffina l'hater allude, chiaramente, alla rottura avvenuta tra la Salemi e Monte. E in un'Instagram story successiva, la Salemi ha sbugiardato l'hater, condividendo un messaggio benevolo che lo stesso utente, a lei ora tanto avverso, le aveva destinato quando faceva coppia fissa con il suo ex, Francesco: "Sei rara e preziosa. Abbi cura di splendere sempre! Non perdere mai la tua sensibilità, spontaneità, purezza e infinita gioia di vivere!".

Giulia Salemi risponde agli hater

"Fortunatamente la maggior parte delle persone che mi seguono sono donne power -ha scritto Giulia Salemi sul conto della maggior parte dei suoi fedeli follower - come le definisco io, donne buone dolci in pace con sé stesse che hanno imparato a conoscermi e ogni giorno mi seguono e mi sostengono con grande amore dandomi sempre una grande grinta e carica positiva". La Salemi ha così proseguito, in risposta agli hater: "Faccio vedere la verità sempre e me stessa a 360 gradi nel bene e nel male. In un mondo di problemi e negatività cerco di trasmettervi tutti i giorni un po’ di good vibes".

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Gf, la figlia di Bobby Solo ricade nel vortice dell'autolesionismo

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L'ex gieffina Veronica Satti fa sapere come sta oggi, dopo un brutto periodo che la stava per riportare nel vortice dell'autolesionismo

Dopo essere diventata una dei concorrenti più amati del Grande Fratello 15, Veronica Sattiè tornata a far parlare di sé. La figlia di Bobby Solo ha fatto sapere in rete di non essere totalmente guarita dall'autolesionismo di cui è vittima da tempo.

La tendenza ad autolesionarsi sembra non abbandonarla, neanche dopo che l'ex gieffina è riuscita a ricucire i rapporti con il suo padre biologico. "In quest’ultimo periodo sono caduta nuovamente nel baratro - fa sapere Veronica in una storia condivisa con i follower su Instagram -. Ho avuto nuovamente quelle mie condotte autolesive e mio papà mi ha detto subito di correre da lui".

Le ricadute nell'autolesionismo

L'ex gieffina si dice, nonostante l'ultimo periodo difficile, grata a Bobby Solo: "Devo ringraziarlo di cuore, perché se adesso sto meglio è grazie a lui, alla compagna Tracy e a mio fratello Ryan. Tutto il dolore del passato non era solo dovuto alla mancanza paterna, e anche se fosse lui così si è davvero riscattato e si è preso cura di me in tutto e per tutto. Ho capito che non si finisce mai di essere autolesionisti, e probabilmente ogni giorno dovrò farci i conti, ma oggi oggi oltre alla mia mamma e ai miei nonni che mi sono sempre stati vicini c’è anche mio papà e la sua famiglia, e questa è la mia vittoria più grande".

[[fotonocrop 1743445]]

Il pubblico contro Gué Pequeno a La notte della Taranta

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La presenza di Gué Pequeno al festival itinerante della musica popolare made in Salento è stata fortemente contestata dal pubblico

Lo scorso 24 agosto è stata trasmessasu Rai 2 La notte della Taranta, la trasmissione dedicata al festival volto ad omaggiare l'importanza della musica popolare made in Salento.

E a condurre l'evento registratosi in Puglia è stato il duo formato da Belen Rodriguez e Stefano De Martino. Sia sull'evento sia sui due ritrovati coniugi-conduttori dello spettacolo salentino sono giunte in rete numerose critiche. Il popolo del web si è infatti scatenato, riportando sui social molte contestazioni, tra cui quelle scritte sul conto di alcuni cantanti partecipanti all'evento musicale. E, tra gli ospiti musicali, particolarmente criticato è stato l'ex coach di The Voice of Italy, Gué Pequeno.

Gué Pequeno contestato durante La notte della Taranta

Tra i messaggi critici destinati al noto rapper, si legge su Twitter: "Della notte della taranta non me n’è mai fregato più di tanto, ma ora vedendo Guè Pequeno che canta sta pu**anata, che fa “più di un film, più di un drink, più della marijuana" tra le canzoni della tradizione, mi dispiace di non essere sotto il palco di Melpignano con una granata". E un altro utente commenta così: "A proposito di Crisi. Ho ascoltato solo ora il rap di Gué Pequeno a La Notte della Taranta. Io vi denuncio. Non lo fate mai più"; "#Guepequeno che canta per #lanottedellataranta è l’emblema dell’essere fuori luogo. Apprezzo l’impegno, ma no"; "Comunque Gué Pequeno sta alla #Nottedellataranta come Conte a un nuovo governo con Salvini #taranta22".

Tralasciando le critiche, l'intento di Pequeno era quello di coniugare il suo rap con la tradizione made in Salento. "Penso che il suono sia un bell’esperimento e che questa manifestazione, non parlo di politica - aveva dichiarato il rapper nel corso delle prove previste per il Festival- ma dal punto di vista visivo e sonoro dà di per sé un messaggio universale sicuramente super ‘love’ e positivo".

Sarah Garcia rapisce i suoi follower su Instagram

Lady Nandez fa il suo esordio tra le wags di Serie A: ecco chi è Sarah Garcia

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Sarah Garcia sta spopolando sui social network con oltre 100.000 follower al suo attivo. La sexy compagna di Nahitan Nandez centrocampista del Cagliari sta facendo impazzire i tifosi rossoblù

Nahitan Nandezè sbarcato quest'estate in Italia dopo tanti anni passati tra Penarol e Boca Juniors. Il centrocampista 23enne uruguaiano è stato il grande colpo di mercato del Presidente del Cagliari Tommaso Giulini che ha investito la bellezza di 18 milioni di euro per strapparlo agli Xeneizes. L'ex giocatore del Boca è stato poi rimpiazzato dall'arrivo in Argentina di Daniele De Rossi, sicuramente più datato rispetto all'uruguaiano ma anche più esperto . Il classe '95 in questo momento sta giocando contro il Brescia di Corini facendo così il suo esordio in Serie A per la gioia dei tanti tifosi che potranno così ammirare un giocatore nel giro della nazionale Celeste.

Nandez è arrivato in Italia con la sua bellissima compagna Sarah Garcia che ha fatto così il suo esordio tra il mondo delle wag della Serie A. La fidanzata del centrocampista del Cagliari è un modella ma anche una studentessa di teatro e imprenditrice: i due si sono conosciuti da giovanissimi, ai tempi della scuola, ed hanno anche avuto una splendida bambina. Scorrendo il suo profilo Instagram si nota come Sarah sia molto attiva con oltre 100.000 seguaci, 109.000 per la precisione. Lady Nandez non perde tempo per postare foto che la ritraggono in momenti della sua vita quotidiana e non solo: i tifosi del Cagliari, ma anche quelli delle altre squadre di Serie A, stanno già prendendo informazioni su di lei.

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