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Carlo Conti lascia L'Eredità? L'indiscrezione dopo la morte di Frizzi

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Stando a quanto rivelato da Today, a Viale Mazzini starebbero pensando di sostituire Carlo Conti con Amadeus o Alessandro Greco, visti i troppi impegni dell'attuale conduttore de L'Eredità

Rientrare a L'Ereditàè stato piuttosto doloroso per Carlo Conti perché la scomparsa di Fabrizio Frizzi è una ferita ancora aperta.

"Avrei voluto essere ovunque, ma non qui", ha affermato commosso nella prima puntata de L'Eredità dopo la morte di Fabrizio Frizzi, che appunto conduceva il quiz. Il suo ritorno nel programma, quindi, non è stato per niente facile, soprattutto per l'aria di dolore che si respira.

Ma a soli pochi giorni dal ritorno nello show di Carlo Conti, in Rai circolano voci e indiscrezioni sulla prossima stagione de L'Eredità. Stando a quanto rivelato da Today, infatti, a Viale Mazzini starebbero meditando su un ulteriore cambio di conduzione, giustificato dai troppi impegni di Carlo. E, per ora, sarebbero due i nomi in cima alla lista dei papabili conduttori: Amadeus e Alessandro Greco.

Amadeus ha già condotto L'Eredità, mentre Greco - ora in onda con il quiz pomeridiano di Rai 1, Zero e lode - gode della massima stima dell'azienda per le grandi capacità professionali e per gli ottimi ascolti che continua a portare a casa. Cosa deciderà di fare, quindi, la produzione?


Belen pubblica una foto di quando aveva 16 anni. Ma i commenti della rete sono impietosi

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La showgirl argentina ha condiviso sul suo profilo Instagram una sua foto da ragazzina, ma immediatamente la rete si è scatenata: "La chirurgia fa miracoli"

Belen Rodriguez sa sicuramente come attirare l'attenzione del suo pubblico, attenzione che alcune volte - quando genera commenti negativi e cattivi - non le fa per niente piacere.

Lo ha spiegato questa mattina a Mattino Cinque, lo ha ribadito in decine di interviste, ma nonostante tutto, Belen si gode la vita come meglio crede. E se una giorno ha voglia di pubblicare su Instagram una sua foto di quando aveva 16 anni, lo fa senza pensare alle "conseguenze".

E così è successo. Ieri sera, Belen Rodriguez ha condiviso sul suo profilo Instagram una sua foto di quando aveva 16 anni. Capelli nerissimi, viso tondo, occhietto sveglio, insomma una giovane Belen, ma pur sempre bellissima. "É bello vederti sorridere..... non lo concedi a tutti, solo a chi secondo te lo merita, non sei mai riuscita a regalare un sorriso finto, e io, sono fiera di te!!!!", è la didascalia che accompagna questa foto, foto che è stata donata alla Rodriguez da un'amica.

Ma lo scatto delle "mini" Belen non ha portato l'effetto sperato. Gli utenti in rete, infatti, si sono scatenati e hanno subito iniziato a mettere a confronto la Rodriguez ieri con quella di oggi. "La chirurgia fa miracoli", scrive un utente. E un altro ancora: "Anche Belen aveva il seno piccolo e la faccia grossa".

É bello vederti sorridere..... non lo concedi a tutti, solo a chi secondo te lo merita, non sei mai riuscita a regalare un sorriso finto, e io, sono fiera di te!!!! #belenpiccola #16anni #piuomeno gracias gorda por este regalo! @estefania_corradini_sagretti

Un post condiviso da BELEN (@belenrodriguezreal) in data: Apr 5, 2018 at 1:23 PDT

Dopo le voci di crisi, la Hunziker fa una dedica romantica al marito: "Ti amo"

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Michelle Hunziker ha voluto mettere a tacere le malelingue pubblicando su Instagram una dedica speciale per suo marito Tomaso: "Buon compleanno vita mia"

Sono giorni che non si parla d'altro che della presunta "aria di crisi" tra Michelle Hunziker e il marito Tomaso Trussardi.

Il settimanale Nuovo, infatti, aveva lanciato un'indiscrezione secondo la quale le cose fra i due non stessero andando per il verso giusto. "A pesare sull'armonia di coppia - si legge sulla rivista - sarebbe il temperamento aperto di Michelle Hunziker, opposto a quello, riservatissimo, del manager che viene da una famiglia molto lontana dal mondo dello spettacolo". Insomma, Nuovo, li dava per spacciati: "Non dureranno a lungo".

Ma la medaglia ha sempre due facce, così alle voci di Nuovo rispondo le foto di Chi che rivelano un'intesa indissolubile tra Trussardi e la Hunziker. Ma non solo. Per togliere ogni dubbio, qualche ora fa, la bellissima Michelle ha pubblicato sul suo profilo Instagram una foto, con tanto di romantica didascalia, per augurare un buon compleanno al marito. "Buon compleanno vita mia...ti amo", scrive la Hunziker.

Nessuna crisi, quindi?

Buon compleanno vita mia...ti amo @therealtrussardigram #love #marriage #togheterness #happybirthday

Un post condiviso da Michelle Hunziker (@therealhunzigram) in data: Apr 5, 2018 at 4:45 PDT

Belen Rodriguez innamorata persa di Iannone: "Mi fa sentire speciale"

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Belen Rodriguez ha voluto ribadire il suo amore per il suo compagno Andrea Iannone: "Ogni donna ha bisogno di essere protetta, di essere amata, rispettata. Lui mi fa sentire sempre la più bella"

L'amore tra Belen Rodriguez e Andrea Iannone sembra andare a gonfie vele, nonostante nel recente passato ci siano state voci pressanti di una presunta crisi tra i due. La bella showgirl argentina, ai microfoni di Mattino Cinque, ha parlato del suo amore con il pilota 28enne di Vasto: "Andrea è stato otto mesi fermo ad aspettarmi e a fare le cose giuste. Il nostro è un rapporto in cui si parla tanto: c’è tanto dialogo, ci si capisce. Entrambi facciamo di tutto perché l’altro stia bene. Ogni donna ha bisogno di essere protetta, di essere amata, rispettata. Nessuno mi ha mai protetto quanto mi protegge lui".

Belen ha poi continuato ad elogiare Iannone, mettendo così a tacere definitivamente le malelingue:"È un uomo molto premuroso e mi fa sentire la donna più bella del mondo ogni secondo. Questa cosa non è scontata, c’è gente che non lo fa. Lui ogni volta me lo fa sentire: io so che mi stima, che è fiero di me, della mia persona, di come mi comporto, di come ragiono e di come agisco soprattutto. Non è facile sentirsi amata. Non è facile per niente, perché uno diventa insicuro appena c’è qualcosa che non torna. Lui sa tutto ciò che penso di lui. È una persona meravigliosa, concreta che mantiene la parola, che fa ciò che dice”. La Rodriguez ha avuto un figlio dalla precedente relazione con Stefano Di Martino ed ha elogiato il suo compagno anche per questa ragione: "Quando hai un figlio è tutto più complicato perché fai fatica ad introdurre un altro uomo nella tua vita. Oggi come oggi razionalizzo le cose, tanto, forse troppo. Quello con Andrea è un amore maturo".

Lapo Elkann: "Per la mia dislessia sono stato percepito come un problema dalla mia famiglia"

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Intervenuto al convegno nazionale Sos Dislessia al Centro congressi Santo Volto, Lapo Elkann ha rivelato di aver avuto un problema di dislessia

Ospite al convegno nazione di Sos Dislessia al Centro congressi Santo Volto, Lapo Elkann ha rivelato che anche lui in passato ha avuto questo genere di problemi.

"La dislessia - ha detto Lapo durante il suo intervento - ha segnato la mia infanzia e la mia adolescenza, periodi per me complessi, che non ricordo con grande soddisfazione, tanto che posso dire di essere ben più felice ora. Per questo credo occorra fare il possibile per aiutare chi ha disagi di questo tipo a superarli, spesso si tratta di persone con notevole grado di creatività e iperattività. Devono cambiare i parametri educativi".

Lapo Elkann, vista la sua esperienza pregressa, è stato invitato al convegno come testimone insieme ad altri "dislessici", come Marco Boglione, l'attore Francesco Riva e il fumettista Emanuel Simeoni. "Per via della mia dislessia - ha continuato Lapo Elkann - sono stato percepito per quasi tutto il periodo scolastico come un 'problema'. Sia dalla scuola, sia dalla famiglia. Una cosa che mi ha fatto sentire diverso e sfigato fino a non tanti anni fa. Una sorte che credo accomuni un po' tutti i dislessici. Anche se devo dire che in tutto questo c’è un lato positivo, per reagire ho creato un mio mondo pieno di sogni e fantasia. Sviluppando una creatività ribelle e sognante che poi sono riuscito a far diventare un mestiere".

Rissa con Corona, la vittima: "Corona mi ha sputato e preso a pugni. Ho il filmato e sporgerò una denuncia"

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screenshot video Milano Today

Fabrizio Corona ora rischia grosso. Dopo la rissa all'Hollywood, parla la vittima: "Ho anche il referto medico dell’ospedale dove mi è stata riscontrata una contusione provocata da un cazzotto al volto"

"Corona mi ha aggredito. Mi ha sputato, mi son preso un pugno in faccia, un calcio, più una scarica di insulti e minacce": sono le prime parole di L.C., il fotografo contro cui si è scagliato l'ex re dei paparazzi la notte del 4 aprile davanti all'Hollywood, nota discoteca milanese.

Il racconto dell'aggressione

"Io non ho reagito e meno male che qualcuno s’è messo di mezzo per evitare che lo scontro potesse degenerare in rissa", spiega l'ex collaboratore sulle pagine di Oggi. La rissa sarebbe esploda a causa della sparizione di un Rolex. Una questione inesistente - spiega L.C. - l’orologio era rotto e Fabrizio col quale collaboravo me lo aveva consegnato chiedendomi di farlo riparare. Così ho fatto e non c’entro nulla se poi in fase di riparazione quel Rolex è sparito".

"Alle 20.30, quindi in un orario in cui avrebbe dovuto starsene a casa sua, ho visto Corona che usciva dalla palestra con la fidanzata Silvia Provvedi. Mi ha visto e ha subito dato in escandescenze - il fotografo si trovava davanti alla discoteca per lavoro - S’è avvicinato e ha cercato lo scontro fisico. Su come siano andati i fatti non esiste il minimo dubbio. Ho i contatti di alcuni presenti che hanno assistito alla scena e sono disponibili a testimoniare".

E ancora: "E in più ho anche il refertomedico dell’ospedale dove mi è stata riscontrata una contusione provocata da un cazzotto al volto. Per gli insulti e le minacce basta il video registrato davanti all’Hollywood. Tutto materiale già consegnato all’avvocato Federico Costa Angeli che sta stendendo una querela contro Fabrizio"

Alba Parietti fuori controllo: "Non voglio un uomo che mi sc... tre ore"

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Ai microfoni de La Zanzara, Alba Parietti ha fatto alcune rivelazioni piccanti sulla sua sfera privata: "Interessante avere un rapporto intellettuale piuttosto che avere un rapporto sessuale"

"Ho visto un paio di volte Ballando con le stelle con la coppia Ciacci-Todaro, di qualcosa devono pur parlare, non hanno la Parietti come l’anno scorso", inizia così il lungo intervento di Alba Parietti ai microfoni de la Zanzara su Radio 24.

La showgirl è un fiume in piena e i commenti su Ballando con le stelle le escono naturali: "Mi sembra una polemica fatta apposta, costruita. Devono pur inventarsi qualcosa di cui parlare. In ogni caso dai tempi dei greci gli uomini ballano insieme. Zazzaroni? Trovo ridicola questa polemica. Bisogna essere molto ignoranti. Zazzaroni sembra un vecchio democristiano, ha detto una cosa da vecchia signora della Democrazia Cristiana. Poteva dirla 50 anni fa, non oggi".

Ma lasciato da parte il tema caldo, la Parietti si lascia andare a qualche considerazione sulla politica, "non mi interessa più, sono diventata filo papista" e a qualche riflessione spinta - molto spinta - sulla sua vita privata. "E’ molto più interessante – rivela Alba - avere un rapporto intellettuale che avere un rapporto sessuale con uno che ti scopa perché ha preso il viagra. L’impotenza intellettuale è molto più tragica e triste. Io preferisco aver a che fare, oggi, con un uomo intellettualmente stimolante piuttosto che con un uomo che mi scopa tre ore e mi rompe anche le scatole. Meglio un intellettuale impotente che uno scopatore deficiente? Non c’è dubbio. Ma questo lo penso da quando avevo trent’anni".

"Da tempo – continua la Parietti – ho uno scarso interesse per il sesso. Consiglio a tutte le donne un periodo di menopausa per cominciare a capire i valori. E’ molto più difficile aver un rapporto sessuale con una donna sul piano intellettuale che averlo sul piano fisico. Sul piano fisico siete capaci tutti, basta prendere una pastiglia azzurra. Tutti gli uomini hanno l’ansia da prestazione. E oggi si riempiono di viagra. Con me tutti hanno avuto questa ansia. Succede molto spesso. E soprattutto se ne sono fatti dei crucci che io non mi facevo. Io volevo volare alto, loro molto basso. Riducevano tutto al problema se ci sono riuscito bene o ci sono riuscito male. Adesso del sesso me ne frega molto poco. La masturbazione? A chi non piace e poi dopo non mi tocca parlare magari con uno come te, Cruciani. E questo mi solleva molto. D’altronde anche gli uomini lo fanno per lo stesso motivo".

Anna Tatangelo vince Celebrity MasterChef e dona metà premio alla fondazione della Hunziker

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Il gesto della cantante ha emozionato Michelle Hunziker che sui social ha commentato: "Un gesto che mi emoziona profondamente e per niente scontato. Grazie di cuore Anna"

Anna Tatangelo ha vinto Celebrity MasterChef, lasciando al secondo posto Orietta Berti e al terzo Davide Devenuto.

Proclamata vincitrice, la cantante è subito socppiata a piangere. L'emozione era tanta, la Tatangelo, infatti, dopo la separazione da Gigi D'Alessio, ha dovuto affrontare un periodo piuttosto burrascoso, ma ora sembra pronta per ripartire. Così, a qualche ora di distanza dalla vittoria del programma, si è lasciata andare sui social: "Sono felicissima! Felice perché è uscita la mia vera personalità, la mia parte più spontanea e quella voglia di leggerezza che in genere tengo solo per chi mi conosce bene... Felice perché posso dedicare il premio vinto (100 mila euro, ndr) a due realtà a cui tengo molto: l’associazione Doppia Difesa (di Michelle Hunziker e Giulia Bongiorno, ndr) per la tutela delle donne che subiscono violenze e l’ospedale pediatrico Bambin Gesù".

E ancora: "Felice perché mio figlio Andrea ora quando cucino per lui mi dice 'mamma, ho capito perché hai vinto MasterChef' e stasera mi ha abbracciata ed emozionato mi ha detto 'mamma sono fiero di te'. Questa sera si chiude un capitolo, una bellissima avventura…".

L'esperienza di MasterChef, quindi, si è conclusa per il meglio per Anna Tatangelo e il suo gesto di donare metà premio a Doppia Difesa ha commosso Michelle Hunziker che sui social ha commentato: "Un gesto che mi emoziona profondamente e per niente scontato. Grazie di cuore Anna".

Sono felicissima!!!! Felice perché è uscita la mia vera personalità, la mia parte più spontanea e quella voglia di leggerezza che in genere tengo solo per chi mi conosce bene... Felice perché posso dedicare il premio vinto a due realtà a cui tengo molto: l’associazione “Doppia Difesa” per la tutela delle donne che subiscono violenze, e l’ospedale pediatrico “Bambin Gesù”. Felice perché mio figlio Andrea ora quando cucino per lui mi dice “Mamma, ho capito perché hai vinto Masterchef” e stasera mi ha abbracciata, ed emozionato mi ha detto “Mamma sono fiero di te” Grazie ai miei compagni di viaggio, la mia famiglia , grazie a tutti voi per l’affetto immenso e grazie agli chef per avermi dato la possibilità di mettermi in gioco e imparare tantissimo!!!! @jbastianich @brunobarbieri_chef @antoninochef Questa sera si chiude un capitolo, una bellissima avventura… e tra pochi giorni si parte con qualcosa di nuovo, un ritorno al mio primo, grande amore: la musica! Si, perché il 20 aprile uscirà il mio nuovo singolo, “La Fortuna Sia Con Me”! @masterchef_it #CelebrityMasterchefIt

Un post condiviso da Anna Tatangelo (@annatatangeloofficial) in data: Apr 5, 2018 at 3:28 PDT


Lindsey Vonn, sexy immagini

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Fonte foto: 
Instagram
Lindsey Vonn, sexy immagini 1
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Lindsey Vonn in immagini sexy sui social: la campionessa americana di sci ha organizzato un party per una raccolta fondi organizzata dalla sua fondazione

Le immagini sexy di Lindsay Vonn, campionessa americana di sci che, di recente, si è mostrata con una parrucca rosa, vestita anni '70, in occasione di un party organizzato dalla sua fondazione per una raccolta fondi.

Lindsey Vonn sexy con la parrucca rosa

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La campionessa americana di sci Lindsey Vonn si mostra sexy con una parrucca rosa, durante la divertente festa organizzata dalla sua fondazione per una raccolta fondi

Bellissima sulla pista quando veste un look sportivo, Lindsey Vonn si mostra sexy anche nel privato, indossando una parrucca rosa in occasione di una festa organizzata dalla sua fondazione, per una raccolta fondi ispirata al glam rock.

Insieme alla collega Mikaela Shiffrin, la nota campionessa americana di sci ha dato spettacolo durante il party, che ha avuto luogo al The Four Seasons Resort di Vail (Colorado). Tutti i partecipanti erano vestiti con un costume anni '70 a tema glam rock, Lindsey inclusa: come mostrato nelle sue Storie di Instagram, è stata l'anima della serata.

A fine marzo, Lindsey Vonn aveva partecipato a un evento a New York, optando per un look semplice ma chic: cappotto rosa lungo, abito a fantasia con base nera, sandali e capelli sciolti, l'atleta aveva attirato l'attenzione di pubblico e stampa anche grazie a un trucco discreto che faceva meglio risaltare la sua bellezza.

La bellissima sciatrice statunitense è stata l'atleta più pagata delle Olimpiadi Invernali a Pyeongchang, è sexy e divertente ma single. Recentemente ha chiuso una relazione con Kenan Smith, allenatore della NFL, e qualche giorno fa aveva fatto impazzire i fan con un messaggio sui social in cui scriveva: "Sono single, c'è un Valentino per me?".

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Isola dei Famosi, Amaurys Pérez ha un malore

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L'ex campione di pallanuoto è stato portato via dall'Isola dei Famosi per alcuni approfonditi controlli medici. E vista la preoccupazione dei naufraghi la produzione ha voluto rassicurarli

La fame all'Isola dei Famosiè diventata insopportabile e sempre più naufraghi si stanno sentendo male e sono debilitati.

Dopo l'abbandono di Franco Terlizzi e i diversi svenimenti di Francesca Cipriani, anche Amaurys Pérez sta accusando il colpo. L'ex campione di pallanuoto, infatti, nelle ultime ore, ha avuto un malore. Così il naufrago dell'Isola è stato portato via dalla spiaggia dove vive con gli altri personaggi famosi per alcuni accertamenti medici.

Dopo qualche ora di silenzio e grande preoccupazione da parte degli altri concorrenti ancora in gioco, "mi sento come un cieco senza bastone da quando non c'è Amaurys, un vuoto incredibile" ha commentato Alessia Mancini, la produzione ha inviato un comunicato per rassicurare i naufraghi. "Amaurys in questo momento sta effettuando approfonditi controlli medici in seguito al malore accusato ieri sera - si legge sulla pergamena -. Sta bene e potrebbe rientrare presto in gioco".

Nella politica dei nostri giorni ci vuole meno arroganza

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Laura Tecce

Uno dei peccati più detestabili che inquinano l'animo umano e - inevitabilmente - ne condizionano l'azione è quello che gli antichi greci chiamavano hybris: superbia e arroganza spinta fino all'eccesso in un crescendo di delirio narcisistico. I veti e le imposizioni irricevibili posti da Luigi Di Maio mostrano chiaramente quanto possano essere dannosi i parvenu, quanto la loro mancanza di savoir faire istituzionale denoti un'incompetenza politica sconcertante. Dove per competenza si intende al contrario la capacità di mediare, di costruire, di fare le scelte migliori nell'interesse del Paese. Tale è la bramosia di impossessarsi del Potere che spesso si perde di vista la Politica, che è principalmente visione, culturale e valoriale in primis, ed è l'antitesi del trasversalismo grillino, aperto a qualunque alleanza possibile: per gli ex duri e puri pentastellati, Pd o Lega pari sono, senza la minima considerazione del fatto che esse sono due forze opposte, con Weltanschauung opposte. Bene hanno fatto Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti a ribadire che non intendono macchiarsi di tradimento nei confronti dell'alleato Berlusconi ma soprattutto verso gli elettori che hanno dato loro il mandato di portare avanti un programma di centrodestra. Bene fanno a voler salvaguardare un patrimonio valoriale e identitario non negoziabile, in cui necessariamente dovranno trovare spazio azioni che valorizzino le menti migliori che sappiano creare un sistema, una rete, una narrazione. Affrancandosi finalmente dagli immeritati complessi d'inferiorità nei confronti dell'egemonia culturale di sinistra che hanno caratterizzato - occorre prenderne atto - le passate gestioni di un centrodestra miope. Alla struttura è ora che venga affiancata una sovrastruttura: la Lega in particolare ha saputo intercettare il sentiment e i bisogni del Paese, è necessario adesso tradurli in proposte concrete e in un racconto credibile. È giusto che il Movimento 5 stelle, che pur è risultato vincente alle urne abbia ciò che gli spetta, ma se ne faccia una ragione il guappo di Pomigliano: gli dei non amano gli uomini che si macchiano di hybris e prima o poi li colpiscono con la nemesis, la vendetta.

Il Tradimento funziona solo nell'Arte

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Muore, Cesare, non per l'ingiuria della lama nelle carni, ma per il #tradimento di chi ama! Per trenta denari, un bacio fraterno diventa una Croce. Si oscura il Giardino dell'Eden, non per volontà del Creatore, ma per il #tradimento del primo uomo #tradimento e #uomo sembrano, ahimè, percorrere lo stesso sentiero. Se se ne cerca l'origine, non si comprende chi o cosa sia nato prima. Forse, nemmeno il Padre Celeste lo è mai riuscito ad appurare, se, come accadde, si addolorò per quel primo #tradimento. Il peggiore dei peccati è così ben nascosto fra i battiti del cuore dei traditori, che il Bene non riesce a scorgerlo se non dopo averne assaporato il fiele che si porta dentro. Nella storia dell'Umanità, il #tradimento ha annichilito sogni, cancellato progetti, rotto onorevoli patti. Dalla famiglia al lavoro, allo studio, la salute Tutto ha patito attoniti, sordi dolori a causa di un bieco, inaspettato #tradimento. In politica, poi, al dolore il #tradimento somma il danno dell'ingiustizia. Ai politici, infatti, più che a se stesso, l'uomo affida, speranzoso, la propria esistenza e quella dei propri figli Unica a godere, è l'Arte, che dal #tradimento, ha partorito i figli più belli!

«Hello Goodbye», la tv verità passa anche dall'aeroporto

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Giovanni Terzi

Una bella ragazza aspetta il ritorno del fidanzato dopo venti giorni di lontananza forzata. Intanto, mentre un giovane africano, assieme ad un gruppo di medici di una missione umanitaria, è in procinto di salire sul'aereo per il ritorno a casa dopo l'intervento al cuore, un gruppo di giovani atlete felici sta per raggiungere il luogo dove si terranno i campionati di ginnastica. In un aeroporto le vite si intrecciano in un calidoscopio di emozioni e sentimenti. La prima delle cinque puntate di Hello, Goodbye, format prodotto dalla DueB di Luna Berlusconi, è andata in onda ieri su Real Time confermando un successo europeo straordinario. È la televisione verità, che però indaga con garbo e tatto. Condotta dal giornalista Pablo Trincia, la prima puntata di Hello Goodbye ci vede protagonisti - e non spettatori passivi - di una magnifica «commedia umana» raccontata su note musicali che fanno dell'educazione narrativa la cifra stilistica del programma. Ognuno di noi si sente parte di un racconto, rievocando magari episodi della propria vita accaduti durante una partenza o attendendo l'arrivo di qualcuno. E la semplicità nasconde in realtà uno sforzo produttivo non indifferente.

Luca, ritratti di ogni genere come fossero fotografie

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Angelo Crespi

Luca è un figlio d'arte: il padre Renato Vernizzi (1904-1972), solido pittore del Novecento fece parte dei chiaristi lombardi. Luca, nel solco familiare e poi affrancandosene fino ad omettere il cognome, ha attraversato tutta l'arte italiana dagli anni '60 in poi - come arguiva in un saggio Rossana Bossaglia con «fedeltà e sicurezza» da figurativo, coraggiosamente in antitesi alle derive minimaliste, poveriste e concettuali, interpretando al meglio gli alti e bassi, gli inspessimenti o le rarefazioni della pittura- pittura fino all'ultima importante mostra nel 2016 alla Triennale di Milano. Ha dipinto persone, cose, luoghi, paesaggi e nature morte, in formati giganti o in dimensioni discrete. Si è spesso concentrato sul ritratto, finendo ad essere questo genere una sorta di linea carsica che ha caratterizzato, apparendo e scomparendo, la sua intera produzione: ritratti di semplici amici o di intellettuali, artisti e personaggi pubblici, sempre con la stessa capacità di cogliere al volo l'intima essenza del soggetto. Ora, a 77 anni Luca ha trovato una nuova levità che si esprime, guarda caso, soprattutto e ancora nel ritratto.


Non mi sarei aspettato il grande successo di «Black Panther»

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Antonio Lodetti

Un uomo e un artista debordante, che ha attraversato mezzo secolo di jazz ribaltando con il suo pianoforte tutte le regole della melodia e dell'armonia e trasformandosi in un tedoforo dell'avanguardia e del free jazz. È morto a New York, a 89 anni, Cecil Taylor, uno degli artisti che più hanno contribuito alla libertà formale e concettuale della musica afroamericana. Musica radicale, musica da un altro pianeta, musica «inascoltabile» come fu definità all'uscita, nel 1960, dell'album The World of Cecil Taylor(la sua sesta incisione) in cui viaggiava sull'improvvisazione totale con il sax di Archie Shepp, il contrabbasso di Buell Neidlinger (anch'egli recentemente scomparso, perché gli uomini di quella gloriosa avanguardia ancora in vita sono ormai pochi) e Denis Charles alla batteria. Quell'album fu una bomba lanciata sugli archetipi del jazz e Taylor - pianista dal grande virtuosismo e dalla grande tecnica - aveva portato all'estremo quel linguaggio musicale ardito e spigoloso partito dalla tastiera di Thelonius Monk. Libero nei ritmi e nei suoni e ostico all'ascolto (ci vuole grande pazienza e concentrazione per assimilarlo) è famoso anche per i suoi album dal vivo (ne incise una valanga) tra cui spicca Nefertiti (uscito anche sotto altri titoli) scorribanda del '62 a Copenaghen in trio con Jimmy Lyons e Sunny Murray, ma soprattutto il capolavoro del 1969, considerato una pietra d'angolo della storia del jazz, The Great Concert of Cecil Taylor, inciso in Francia con un altro guru dell'avanguardia come Sam Rivers. È universalmente riconosciuto come capolavoro estetico Conquistador, l'album del 1966 con Bill Dixon alla tromba che segnò indelebilmente la musica improvvisata degli anni '60 e '70. Celebri i suoi album solisti - esplosioni di suoni dissonanti e vicini alla musica contemporanea - in cui sembrava volare sul pianoforte e che trovano l'apice in Silent Tongues, inciso a Montreux nel 1974. Diceva di lui il suo compagno di strada Jimmy Lyons: «Suonare con Cecil mi ha fatto pensare in maniera diversa a cosa sia in realtà la musica. È qualcosa che non ha a che fare con la circolarità o le quinte, bensì col suono».

D'Amicis crea «Il gioco» della crudeltà (e del sesso)

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Fabrizio Ottaviani

In una sequenza di Berlinguer ti voglio bene uno spettatore di film a luci rosse, spazientito perché gli attori perdevano tempo in convenevoli, gridava «Troppa trama!». In seguito quella protesta è diventata la bandiera dei più oltranzisti critici letterari, gente che cade in adorazione quando in un romanzo incontra parole come «ebefrenico» (d'accordo, è Gadda) o si imbatte in frasi di cento parole (un'abitudine di Proust), ma storce il naso quando l'autore si dedica con impegno all'architettura del racconto, al volgare plot. Ora, perché mai passare giorni a grattare il fondo dei vocabolari per recuperare le mot juste debba essere meno degradante del passare lo stesso tempo a mettere a punto un delicato snodo dell'intreccio non lo sa nessuno: è un dogma, come la Trinità o la legge scolpita nel marmo secondo cui il livello dell'acqua della moka non deve superare l'altezza della valvola. A rimettere le cose in ordine, dimostrando che articolare la vita in una trama è un gesto di libertà, giunge Il gioco di Carlo D'Amicis (Mondadori, pagg. 526, euro 20, candidato al Premio Strega). Il tema del volume è una «vecchia e gloriosa perversione» segnalata già da Erodoto. Lo storico greco racconta che il re di Lidia, per convincere la sua guardia del corpo che la regina fosse bella, gliela mostrò nuda. Il «gioco» è attuato oggi in forma estremistica da una triade costituita dal cuckold, dal bull e dalla sweet, vale a dire dal cornuto, dalla moglie e dall'uomo supervirile al quale il «becco» cede la consorte. L'omosessualità latente e il sadismo dominano il campo assieme al masochismo morale, finché ognuno degli «attori» non solleva la maschera: il bull si rivela uno strumento del cuckold, il quale assume connotati manipolatori, mentre la sweet appare come il motore dell'intero meccanismo.

Nel romanzo di D'Amicis i tre si confessano a turno, in un vortice ermeneutico che fa pensare a Kurosawa. La sweet, Eva, ha alle spalle una storia familiare un po' stereotipata, il marito Giorgio è un primario che veste principe di Galles. La parte più riuscita è quella in cui Leonardo, il bull, si lascia intervistare da uno «scrittore». Professore di inglese in un liceo esclusivo di Roma dal quale è cacciato per aver palpeggiato una studentessa, Leonardo è il mistagogo che conduce il lettore nel pianeta proibito. E offre la chiave per decifrare il gioco: il padre, ufficiale dei carabinieri ucciso dalle Br, odiava le storie. «Poche storie!», il ritornello delle serate in famiglia. «L'italiano medio fa sesso al buio» dice un personaggio al bull. Che invece vuole accendere, sulla sua vita notturna, riflettori che inquadrino un vasto teatro della crudeltà.

Soldi, lame e ferri di cavallo Così si organizza la crociata

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Il saggio di Christopher Tyerman ribalta molti luoghi comuni sulle spedizioni in Terra Santa

Per la vulgata contemporanea sono la radice del male dell'Occidente. Le più irrazionali delle guerre, figlie del furore religioso medievale. Una sorta di colpa primigenia che, in parte, scusa l'attuale furore religioso islamico. Stiamo ovviamente parlando delle Crociate, una lunga serie di campagne militari, riuscite e abortite, per conquistare la Terra santa iniziate nel 1095. Nella visione tradizionale degli storici, a farla da padrona in queste guerre «sante» sarebbe la credulità popolare. Scriveva ad esempio, negli anni venti, uno storico di vaglia come Ernest Barker: «Uomini che seguivano la colonna di nube e di fuoco e nutrivano l'assoluta certezza e la speranza dell'eterna ricompensa».

Però, forse, dietro a questo stereotipo si nasconde qualcosa di diverso. Per rendersene conto conviene sfogliare il nuovo e ponderoso saggio del medievista di Oxford Christopher Tyerman. Si intitola Come organizzare una crociata (Utet, pagg. 540, euro 26) e sviscera in ogni dettaglio l'organizzazione di queste campagne militari. Il suo assunto di partenza, piuttosto razionalista, è chiaro: senza una precisa e oliatissima macchina bellica e amministrativa nessuna spedizione sarebbe mai riuscita a lasciare i porti italiani. Forse nemmeno a raggiungerli. E per dimostrarlo parte dai dettagli, quelli che nei libri spesso nemmeno compaiono. Qualche esempio? Nel 1190 Riccardo I d'Inghilterra era alle prese con l'organizzazione della terza crociata. Dovette procurarsi cento navi. Sulle medesime caricare 5mila cavalli. Per ogni animale erano necessari dodici ferri di scorta. Qualcuno dovette procurarseli. E visto che pesavano 350 grammi ciascuno calcolare che, da soli, rappresentavano 21 tonnellate di carico aggiuntivo. Questo per non parlare della necessità di fornirsi di mappe, reclutare interpreti, trovare i soldi per pagare i pochi artigiani capaci di costruire torri d'assedio, riuscire a mettere d'accordo il sacro (preti autorizzati ad accompagnare i crociati) e il profano (la necessità di aggregare prostitute al contingente)...

Insomma, in poche pagine Tyerman vi dimostrerà in maniera inattaccabile che verso la Palestina non è mai partita nessuna «armata Brancaleone». Anzi, le Crociate hanno rappresentato un momento fondamentale nello sviluppo della società europea proprio per l'incredibile sforzo organizzativo che le hanno richiesto. A prescindere dal concetto di guerra giusta - come ogni storico Tyerman sa che non esiste governante che non ne abbia abusato - il primo grande mutamento prodotto dall'iniziativa di Papa Urbano II di bandire la crociata fu quello di dar vita a una gigantesca macchina di propaganda. Una infinità di reclutatori iniziò ad aggirarsi per l'Europa. Creando un vero e proprio modello di discorso pubblico. Vennero addirittura scritti dei manuali dedicati al convincimento dei futuri crociati. Capolavori di retorica in cui largo spazio era dedicato a come convincere le mogli a lasciar partire i mariti, il che smonta il luogo comune delle donne medievali sottomesse.

Questi reclutamenti, spiega Tyerman, si rivelavano particolarmente efficaci non nel mobilitare il popolino, quanto piuttosto una composita upper class europea. Dal piccolo mercante, al ricco proprietario terriero non nobile sino al principe, passando per il cavaliere abile con la spada ma scarso di finanze. Ecco chi veniva coinvolto nella propaganda. Nasceva con le crociate un ascensore sociale che favoriva rapide ascese e una rottura degli schemi consolidati del mondo feudale. Si poteva partire per Acri mercanti e tornare in Europa cavalieri e legati a filo doppio ad un principe. Certo, si poteva anche non tornare affatto. Sia diventando un mucchio d'ossa nel deserto, sia diventando un piccolo signore feudale del Regno di Gerusalemme.

Anche la diffusione della moneta deve molto alle Crociate. Queste costosissime spedizioni potevano essere portate avanti solo monetizzando l'economia. Per combattere il Saladino feudi e terre furono impegnati e trasformati in fiorini o sterline. Attraverso le Crociate si passò dall'idea del cavaliere legato a un feudo a quella di un soldato d'élite, ma stipendiato in moneta.

Insomma per usare le parole di Tyerman: «Le Crociate possono essere liquidate come manifestazioni di prepotenza... e nella maggior parte dei teatri in cui si svolsero, in fin dei conti imprese effimere. Ma possono anche essere raccontate come prodotti di una società che cresceva in benessere e certezze culturali». Quel che è certo è che costrinsero gli europei a sviluppare una capacità progettuale del tutto nuova. Una progettualità per la prima volta continentale.

L'umanità degli animali Elefanti crocerossini lupi social, orche giocose

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Carl Safina studiando la vita di varie specie ha fatto scoperte sorprendenti. E commoventi

Sono i pionieri dell'etologia di metà Novecento - Karl von Frish, Nikolaas Tinbergen e Konrad Lorenz - a sgombrare il campo da secoli di folclore e superstizione, favole raffiguranti gli animali come caricature dei difetti umani. I nuovi scienziati osservano, limitandosi a descrivere ciò che vedono. Rimuovono le proiezioni metaforiche accumulatesi nei secoli su molti animali. L'osservazione è un lavoro oggettivo che a von Frisch, Tinbergen e Lorenz, frutta nel '73 un premio Nobel condiviso, rispettivamente, per gli studi sulla «danza-linguaggio» delle api; sul corteggiamento nei pesci; sull'«imprinting» delle ochette, associato al primo oggetto in movimento che questi anseriformi vedono subito dopo la schiusa.

All'epoca, regola per gli scienziati è non attribuire esperienze mentali umane agli animali, ovvero non scivolare nell'antropomorfismo. Negli anni '70, l'osservazione - grazie alla quale era sorta l'ecologia - si trasforma però in una camicia di forza mentale. Lo studioso che osi interrogarsi sui sentimenti dell'animale, sulle sue emozioni, è immediatamente messo al bando, tacciato di eresia. Anche solo ipotizzare che altri animali oltre l'uomo possano sentire qualcosa è il sistema sicuro per affossare una carriera accademica. Tra gli altri, tocca pure a Jane Goodall, la più grande studiosa al mondo di scimpanzé, vedersi rifiutata la pubblicazione del suo lavoro perché ha osato individuare le sue scimmie con nomi di persona. A ben vedere, già nel 1942, Ortega y Gasset, in Sobre la caza, attribuisce ai cani proprio ciò che i comportamentisti classici in seguito negheranno, ovvero un linguaggio dotato di ricco «vocabolario» e «sottil grammatica». Per superare l'egemonia dell'impostazione teorica universalizzante di Peter Singer e Tom Regan, si deve attendere il 2002, con un altro autore spagnolo, il cattolico Raimond Gaita che, ne Il cane del filosofo, parla di cani come di «individui», «soggetti di vita che hanno un nome e un carattere».

È quanto fa adesso lo scienziato statunitense Carl Safina in Al di là delle parole (pagg. 687, euro 34, traduzione di Isabella C. Blum), che inaugura la collana «Animalia» dell'editore Adelphi. Safina, pur effettuando frequenti incursioni in tutto il regno animale, prende essenzialmente in esame tre specie: gli elefanti africani, i lupi e le orche marine. Per osservarle e cercarne di descrivere non solo i comportamenti, ma addirittura i sentimenti, l'autore è andato a vivere rispettivamente in una riserva africana; nel parco di Yellowstone e nel Pacifico nordoccidentale. In questi luoghi ha condiviso l'osservazione delle bestie allo stato naturale, con scienziati che allo scopo hanno dedicato la vita, scrutando da decenni e chiamando per nome, tutti i giorni, i membri degli stessi nuclei familiari nelle generazioni che si sono susseguite. Il risultato è un lavoro affascinante, pieno di domande più che di certezze, che rattrista per i danni dell'antropizzazione, sconvolge per la scoperta dei tratti evolutivi che ci legano agli altri animali e insinua ancora una volta il dubbio che non sia l'uomo la misura di tutte le cose.

Si scopre che l'organizzazione sociale dei lupi è simile alla nostra e che Hobbes non fece un complimento al canide con la massima «homo homini lupus»... Che le orche, in acquario, seguono un uomo con gli occhi mentre cammina dietro le tribune, dietro cinquecento persone. E spingono una barca a vela per gioco, dando solo un delicato colpetto a un kayak. Gli elefanti sono i migliori: vivente archivio di conoscenze per sopravvivere. Un elefante monta la guardia di notte a una donna smarrita nel bosco, dopo aver spezzato i rami per coprirla. Al mattino, un pastore la soccorre, liberandola dalla gabbia di rami. Azzardato pensare che l'animale sia stato mosso dalla compassione, coprendo la signora per proteggerla da iene e leopardi? Fanno pure «gli scemi», se gli aggrada: corrono barrendo senza apparente ragione, dinoccolati tra i cespugli, piroettando con la coda arricciata, tuffandosi in acqua facendo le onde e schizzando. Un giovane maschio si inginocchia di fronte all'autore, gli lancia ossa di zebra, cercando di convincerlo a giocare con lui. Straordinario come comunicano a decine di chilometri, con vocalizzazioni estese su dieci ottave, in un intervallo compreso tra gli 8 e i 10mila hertz.

L'ultima elefantessa di Knysna, trasportata in Sud Africa, sta sul bordo dell'oceano, fonte di infrasuoni più vicina e potente, perché nella foresta non ha nessuno con cui parlare, e «discorre» con una balenottera. Parlano con gli infrasuoni, accomunate dal grande cervello e dalla lunga vita. Entrambe evocano tragicamente l'idea di creature vecchie e solitarie. Immagine struggente perfetta sintesi di questo magnifico volume.

"Tra fantasmi e horror inseguo le paure che stravolgono la vita"

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Il bravissimo attore britannico protagonista di «Ghost Stories», film tratto da una pièce

Pedro Armocida

A sorprendere è sempre la precisione dell'interpretazione. La misura anche nei ruoli che potrebbero spingere a tirar fuori il gigionismo che c'è in ogni attore. Magari sarà stata anche la lunghissima gavetta ad aiutare Martin Freeman, l'attore britannico che a 46 anni ha già alle spalle una carriera invidiabile, iniziata in tv con la commedia molto british The Office e al cinema con Love Actually, passando per Lo Hobbit, la fantastica trilogia di Peter Jackson, fino ai blockbuster fumettistici come Captain America: Civil War: «Da piccolo - ci aveva raccontato tempo fa durante il festival dei ragazzi di Giffoni - sognavo di far parte di una band e poi di diventare un calciatore ma sarebbe stata una rovina. Ero spesso malato, i miei genitori erano divorziati, poi ho scoperto che riuscivo a far ridere e a 16 anni ho scelto di fare l'attore». Ieri a Roma per incontrare i giornalisti in vista dell'uscita il 19 aprile del sorprendente horror Ghost Stories di Jeremy Dyson e Andy Nyman, l'attore, che nel film tratto dall'omonima pièce teatrale degli stessi registi interpreta il protagonista di uno dei tre casi sconcertanti di attività paranormale, ha ripercorso un po' la sua carriera.

In Ghost Stories è un uomo piuttosto complicato.

«Mike è il gentiluomo per eccellenza eppure la sua vita è vuota e il suo matrimonio è privo di amore. Un momento prima è aggressivo, quello dopo è presuntuoso. La sua caduta nell'oscurità è stata una cosa meravigliosa da interpretare».

Stavolta non ha recitato con dietro lo «schermo verde» grazie al quale vengono poi aggiunti gli effetti speciali.

«Sì è vero, mi stavo quasi abituando a quel nulla intorno, mentre qui gli effetti speciali sono teatrali ma molto realistici e davvero terrificanti, cosa rara oggi al cinema. Però sono anche rischiosi, perché se non funzionano sullo schermo sono dolori. Ma i due registi in questo sono bravissimi, Andy Nyman è pure un ottimo illusionista».

Il film racconta appunto storie di fantasmi. Quel è il suo rapporto con le paure?

«Sono molto aperto all'esistenza del soprannaturale. Da sempre gli esseri umani si raccontano storie di fantasmi. Anche le religioni hanno molti aspetti soprannaturali. Io non ho nulla in contrario al fatto che le persone abbiano bisogno di credere in qualcosa se questo li può aiutare a vivere in maniera migliore e più felice».

Ci aveva abituati a ruoli quasi solo positivi.

«In realtà, ora che la mia carriera si è sviluppata ed è cresciuta, ho più possibilità di scelta. In passato ho interpretato ruoli più comici perché a me la commedia piace ma io ho una formazione da attore completo e mi piace poter cambiare genere».

Dopo Ghost Stories, la vedremo in un altro horror, Cargo, qual è il suo rapporto con questo genere?

«Non ne sono un fanatico. Ma soprattutto il primo film - Cargo invece è australiano - mi ha ricordato un certo tipo di horror britannico che vedevo in tv da ragazzino. Ma è anche un film molto moderno e originale».

Cargo è uno zombie movie e uscirà il 18 maggio su Netflix, cosa ne pensa di questa piattaforma che salta il percorso tradizionale dei film nelle sale?

«Credo nel cinema, lo amo, ma penso anche che le nuove tecnologie siano fantastiche. Quando ho girato il film non sapevo che sarebbe stato acquistato da Netflix, ma mi fa piacere che possa essere visto da molti spettatori».

Cosa le è rimasto delle riprese di Lo Hobbit?

«È un'esperienza che mi ha lasciato un segno importante. Un po' come il paese dove l'abbiamo girato, la Nuova Zelanda».

Il suo ultimo film è Black Panther che ha superato il miliardo di dollari al botteghino ed è entrato tra i dieci maggiori incassi della storia del cinema.

«Per la verità quando lo stavamo girando non prevedevamo il livello di successo raggiunto ma certo capivamo che stavamo realizzando qualcosa di particolare e non solo perché la maggior parte degli attori era di colore. Il mio personaggio era già stato anticipato in Captain America ma forse ora era il momento più giusto da un punto di vista sociale e politico per questo successo».

C'è un ruolo che ancora le piacerebbe interpretare?

«La mia pièce preferita è Macbeth. Ma mi piace essere chiamato per ruoli a cui non avevo mai pensato. Per esempio è successo con Riccardo III, il regista mi ha colto di sorpresa».

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